PERSONE COINVOLTE: 10
GIORNALE DI VICENZA del 07/11/1994
MONTE DI MALO. Il Buso della Rana colpisce ancora
Gli speleologi sono prigionieri della massa d'acqua penetrata sotto terra
Dieci bloccati in grotta
Nove scledensi e un americano sono entrati rassicurati dalle previsioni del
tempo. Invece la pioggia ha chiuso un sifone. Non corrono pericolo Imponente
l' opera di soccorso
Monte di Malo. Imprigionati nel labirinto del "Buso della
Rana". Da mezzogiorno di ieri dieci speleologi, nove dei quali vicentini,
sono bloccati all'interno di una delle grotte più grandi d'Italia, che
ha uno sviluppo di 25 chilometri. Le avverse condizioni metereologiche non consentono
ai soccorritori di perforare la massa d'acqua che all'altezza del primo sifone,
al laghetto di Caronte, blocca l'uscita. Verso le 22.30 di ieri sera la situazione
era migliorata e i sub cominciavano i preparativi per immergersi.
Gli appassionati, tra cui una donna e uno statunitense, non dovrebbero correre
alcun pericolo, perché la grande caverna nel territorio comunale di Monte
di Malo si articola in quattro piani che salgono verso l'altopiano del Faedo-Casaron,
al primo dei quali scorre il tumultuoso torrente.
Il gruppetto di esperti escursionisti, che dovrebbe trovarsi a un chilometro
e mezzo dall'uscita, si è messo in cammino ieri verso le 9. Quasi tutti
fanno parte del "Gruppo Grotte Scledensi" del Cai e da tempo avevano
programmato la perlustrazione del ramo Giacomelli. Neanche il maltempo, anche
se al momento della partenza non pioveva, ha fermato i dieci amici.
"Se sono stati imprudenti? - s'interrogava Paolo Verico, 35 anni, capogruppo
del VI soccorso speleologico - non direi, perché le previsioni parlavano
di un miglioramento del tempo nel corso della giornata. Del resto incidenti
di questo genere sono frequenti al "Buso della Rana", perché
si tratta di una grotta infida, anche se per fortuna mai nessuno è risultato
mortale".
La comitiva è guidata dallo scledense Cesare Raumer e ne fanno parte
i concittadini Davide Marchioro e Silvia Rossa-to, i maranesi Flaviano Masetto,
Giorgio Dall'Olmo e Francesco Locallo, Luca Brazzale di Lugo, Luca Visonà
di Valdagno e lo speleologo americano Douglas Powell, che lavora a Vicenza.
Non si conosce invece il nome del decimo. Sono comunque tutti adulti.
L'allarme è stato dato da Roberto Balasso, che verso le 10.30 stava per
incamminarsi nella galleria d'accesso. Ha incontrato Graziano Maddalena di Villaverla,
che insieme ad altre cinque persone tornava indietro. Il livello dell'acqua
si era improvvisamente alzato e la piena che si profilava non preannunciava
nulla di buono.
La caratteristica del "Buso della Rana", di qui i numerosi inconvenienti,
è quella di alimentare un impetuoso torrente che dal laghetto di Caronte
scorre verso l'entrata della grotta non appena comincia a piovere. I tanti camini
che innervano il colle sovrastante l'imponente caverna, scaricano al primo piano
l'acqua che in breve satura il sifone. Chi è di là non può
che attendere che smetta di piovere o cessi la piena.
Il gruppo, secondo la ricostruzione dei soccorritori, stava ancora perlustrando
i numerosi anfratti del ramo Giacomelli, quando si è accorto che il livello
dell'acqua cominciava a salire e, come succede a speleologi esperti, ha trovato
rifugio in una zona asciutta. Almeno questa è l'ipotesi più probabile.
Il "Buso della Rana" presenta numerose sale che si spalancano tra
una galleria e l'altra per centinaia di metri quadrati. Alcune, per dare un'idea,
sono larghe quanto piazza dei Signori e anche per questo la grotta è
meta di appassionati che arrivano d'ogni parte d'Italia.
La ben oliata macchina dei soccorsi si è messa in moto verso mezzogiorno
e mezzo, quando Balasso, ed altri speleologi nel frattempo arrivati a Monte
di Malo, al termine di un accurato sopralluogo, hanno constatato che la comitiva
era rimasta intrappolata. I cellulari hanno cominciato a trillare per dare l'SOS
e una quindicina di persone del soccorso alpino e speleologico di Vicenza hanno
cominciato i complessi preparativi culminati verso le 15, quando è stato
piazzato il campo base a una cinquantina di metri dall'ingresso della grotta.
Nel frattempo, quasi non bastasse, il tempo ha cominciato a peggiorare, il torrente
Rana aumentava la portata e l'allarme è stato diramato ai carabinieri
di Malo e Schio. Oltre al capitano Massimiliano Grassi e ai suoi uomini, sul
posto sono arrivati i pompieri, i vigili urbani di Schio con il comandante Roberto
Dall'Aglio ed Emilio Carpilo, sindaco di Monte di Malo. "Dal momento in
cui le condizioni migliorano - afferma Verico - ci vogliono quasi tre ore perché
riescano ad uscire".
Intanto, numerosi familiari e molti curiosi, anche attirati dalle notizie dei
telegiornali, hanno raggiunto rimboccatura del "Buso della Rana" e
la tensione era al massimo. A chi cercava di tranquillizzarla, la madre di un
escursionista
ripeteva in preda alla paura: "Fa presto a parlare lei, magari chissà
che cosa sta succedendo là dentro!".
Alle 0.30 due speleo sub sono riusciti ad oltrepassare il primo sifone. Speravano
di trovare qualcuno dall'altra parte, ma così non è stato. Parlando
per telefono con l'esterno hanno annunciato che avrebbero provato a superare
anche il secondo; in caso contrario avrebbero lasciato indumenti asciutti e
sarebbero tornati all'esterno. Continuava a piovere e si temeva un nuovo aumento
dell'acqua.
Ivano Tolettini
Un thienese di trentadue anni per puro caso non è stato l'undicesimo
imprigionato nel "Buso"
"Dovevo esserci anch'io"
E invece Roberto Balasso ha lanciato l'allarme
Poteva essere l'undicesimo degli intrappolati nel "Buso
della Rana" e invece, quasi per caso, è stato lui che ha dato l'allarme.
Lo speleologo Roberto Balasso, 32 anni, thienese, è colui che per primo
si è reso conto che la situazione stava precipitando, e si è preoccupato
di avvisare subito i soccorsi. "In un primo momento dovevo scendere anch'io
- spiega -, ma avevo un appuntamento con un gruppo di speleologi di Varese e
quindi ho rinunciato. Quando sono arrivato qui, verso le 10, ho incrociato un
gruppetto di una mezza dozzina di persone, guidate da Graziano Maddalena di
Villaverla, che erano uscite accompagnando una signora: sono stati loro a dirmi
di aver incontrato poco prima, in grotta, il gruppo dei miei amici".
Intanto, gli speleologi del Gruppo grotte del Cai scledense, esperti che ben
conoscono la cavità, si erano inoltrati parecchio, senza rendersi conto
che l'acqua stava progressivamente sbarrando la strada del ritorno. "Mi
sono reso conto di come si stavano mettendo le cose verso le 11,30 - conclude
Balasso -, cioè quando ho visto l'onda di piena che usciva dalla grotta
e che faceva capire che dentro si era riempito d'acqua: è stato allora
che ho avvisato il soccorso speleologico di Vicenza".
Soccorsi organizzati in mezzo al diluvio
Ma la "macchina" ha funzionato a dovere
Monte di Malo. Fotocellule che illuminano a giorno, sciabolate
blu dei lampeggianti dei mezzi di soccorso, il cupo brontolìo dei gruppi
elettrogeni e il violento scrosciare dell'acqua che esce dalla grotta: se a
ciò si aggiunge la pioggia incessante e la foschia, si può ben
capire come la scorsa notte la zona d'accesso al Buso della Rana si presentasse
con un aspetto temibile che faceva dimenticare la tranquilla località
che tutti conoscono.
Ecco lo scenario entro il quale da meta pomeriggio si è mossa la macchina
dei soccorsi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico di Vicenza e
di tutte le altre componenti civili e di polizia che hanno partecipato alle
operazioni per salvare i dieci giovani rimasti intrappolati nella cavità.
A coordinare le operazioni è stato Paolo Verico, responsabile del soccorso,
speleo per il Veneto e Trentino Alto Adige, che ha guidato con precisione i
suoi uomini gestendo tutte le fasi. È stato sempre presente sul luogo
il sindaco di Monte di Malo, Emilio Carollo. Alle operazioni hanno partecipato
anche uomini e mezzi dei vigili del fuoco, con i sommozzatori arrivati da Vicenza,
i carabinieri di Schio e di Malo, giunti sul posto in forze, guidati dal capitano
Massimiliano Grassi, la polizia municipale di Schio con il comandante Roberto
Dall'Aglio.
La macchina organizzativa ha funzionato a dovere: mentre nella tenda di coordinamento
allestita dal CNSAS gli esperti consultavano cartine e discutevano il da farsi,
fra il trillo dei telefoni e il gracchiare delle radio, fuori i vigili del fuoco
avevano pensato a piazzare gruppi elettrogeni e cellule fotoelettriche, mentre
i carabinieri si preoccupavano di tenere lontano i curiosi e la polizia municipale
di dirigere e deviare il traffico, bloccando la strada nel tratto interessato
dalle operazioni.
Per diverse ore non c'è stato nulla da fare, se non controllare il livello
dell'acqua e confidare che il maltempo si attenuasse, ma gli. uomini del soccorso
speleologico non sono rimasti con le mani in mano. Pur non essendo riusciti
ad entrare nella grotta con i sommozzatori, hanno cercato di darsi da fare:
l'organizzazione logistica non ha avuto intoppi, dimostrando velocità
di intervento, prontezza di specialisti e adeguate attrezzature.
GIORNALE DI VICENZA del 07/11/1994
L'angoscia dei parenti che aspettano notizie dei congiunti
all'ingresso della grotta
Notte d'interminabile attesa fra paura e recriminazione
È stata un'imprudenza con questo tempaccio
Sta peggio chi è fuori...
Monte di Malo. "Domenica scorsa avevano trovato la prosecuzione
del ramo Giacomelli, ed oggi volevano continuare l'esplorazione; dopo aver fatto
una scoperta del genere, chiunque oggi sarebbe tornato". Così la
moglie di Giorgio Dall'Olmo, uno degli escursionisti rimasti imprigionati, replica
a chi critica la decisione di inoltrarsi nel Buso della Rana con queste condizioni
metereologiche. La donna è tra i primi che sono giunti all'imbocco della
grotta, ma nonostante la situazione non dimostra paura, anche se con il passare
delle ore la tensione comincia ad accumularsi.
"Loro comunque sono di certo al sicuro ed all'asciutto - spiega infatti
la signora Dall'Olmo - al momento di rientrare, accorgendosi dell'acqua che
aveva riempito il passaggio si saranno messi ad aspettare: non penso che ci
sia quindi alcun pericolo".
Altri parenti, che intanto sono giunti sul posto senza riuscire comunque ad
avvicinarsi alla zona delle operazioni e sono costretti a restare tra la piccola
folla di curiosi che nel frattempo s'è radunata, non la pensano però
così, e nonostante la pioggia stanno all'aperto, e corrono incontro a
chiedere notizie a chi scende dal "campo base": i loro cari sono pur
sempre chiusi lì dentro, ad una temperatura poco sopra i dieci gradi.
"Non si va in grotta con questo tempo...". Emilio Carollo, sindaco
di Monte di Malo ed a sua volta appassionato di speleologia, così commenta
a denti stretti. "È stata un'imprudenza - dice -, perché
si sa che quando piove la grotta si allaga e poi è impossibile entrare
ed uscire. Del resto non è la prima volta che succedono cose del genere,
anche se per fortuna tutto si è sempre risolto bene". È ancora
vivo, ad esempio, un episodio di pochi anni fa, quando nella grotta rimasero
bloccati in identiche situazioni 37 appassionati del Gruppo grotte di Malo,
tra cui alcuni bambini, che avevano festeggiato il ventennale di fondazione
del loro sodalizio con una discesa proprio al Buso della Rana.
"Comunque è quasi peggio per chi sta fuori, magari sotto l'acqua
come stavolta - dice Gianni, 30 anni, che alcuni anni fa ha vissuto l'esperienza
di rimanere bloccato nel Buso della Rana -: chi resta dentro, infatti, non fa
altro che sedersi ed aspettare che l'acqua cali".
"E del resto cosa si può fare per garantire una maggiore sicurezza?
- aggiunge il sindaco Carollo -: le abbiamo provate tutte, anche la chiusura
dell'accesso con una cancellata, che è stata dopo poco segata. Quando
poi il Gruppo grotte ha messo dei cartelli che spiegavano i rischi, glieli hanno
incendiati: non resta che confidare nell'intelligenza e nel buon senso",
La strada dell'ordinanza non è poi nemmeno da tentare: "come si
farebbe a farla rispettare in una zona come questa? - osserva infatti il dott.
Roberto Dall'Aglio, comandante della polizia municipale - probabilmente si sortirebbe
il risultato opposto, perché il divieto invoglierebbe ancor più
alla trasgressione".
Paolo Rolli
Sei anni fa furono in 37 a restare imprigionati
La "prigionia" dentro il Buso della Rana è
un "classico" della speleologia vicentina. L'ultima clamorosa situazione
(prima di altre con meno protagonisti bloccati) risale a sei anni e mezzo fa:
in primavera, quella volta, e non in autunno.
Il 5 giugno dell'88 rimasero in 37 nella
grotta, tanti esperti e appassionati del Gruppo speleologico di Malo, trovatisi
tra pozzi, corridoi, gallerie e sifoni a festeggiare il ventesimo anniversario
della loro associazione, e alcuni scout thienesi della parrocchia di San Vincenzo.
Il rapido montare del livello di un sifone bloccò tutti nella "Sala
da Pranzo", un grande antro, a 650 metri dall'ingresso: un luogo peraltro
sicuro, al riparo da rischi seri.
Forniti di attrezzature adeguate, speleologi e giovani esploratori non misero
in eccessiva preoccupazione parenti e amici che li attendevano all'esterno.
Unica fatica fu quella dell'attesa del calo del livello delle acque sotterranee:
un giorno intero all'umido e al buio.
La grotta fa scoperta nel 1903
Gallerie per 25 km e decine di migliaia di visitatori l'anno
Il "Buso della Rana" è una cavità carsica
nei monti Lessini che a tutt'oggi con gli oltre 25 km di sviluppo complessivo
è la più estesa grotta italiana ad un unico ingresso e tra le
prime 5 grotte italiane.
È una grotta attiva (che si interna per quasi un chilometro) in continua
evoluzione, per effetto dell'attività erosiva del corso d'acqua che la
percorre internamente.
Le prime notizie certe di esplorazione risalgono al 1887, ma la prima relazione
viene dal geologo Ramiro Fabiani che nel 1903 a causa della prolungata siccità
riuscì a superare il laghetto interno ed addentrarsi nella grotta per
meno di due km: "La grotta presenta caratteristiche che ne fanno supporre
dimensioni anche maggiori", scrisse. Dopo alcune ricerche, compiute nel
1926 dai francesi Chapuis e Jeannel, la ricchissima storia esplorativa del "Buso
della Rana" vede succedersi soltanto esploratori vicentini. Nel 1933 il
Gruppo grotte di Arzignano percorse il "ramo principale" e tutt'oggi
meta di ogni visita turistica; ma ancora nel 1956 lo sviluppo del "Buso
della Rana" era ancora fermo a soli 4 km complessivi.
Negli anni 50 nella grotta lessinea condussero le loro ricerche raccogliendo
notevoli risultati Alberto Broglio, Aldo Allegranzi ed il Gruppo grotte del
Cai vicentino. Agli inizi degli anni '60 gli speleologi del Cai di Schio individuavano
il famoso "ramo dei salti" mentre il periodo d'oro nell'esplorazione
del Buso della Rana prendeva avvio a metà degli anni '70 con le ricerche
del Club "Proteo" di Vicenza, del Gruppo di Malo, di quello di Schio
e del "Trevisiol". Nel 1975 infatti il sistema sotterraneo lessineo
misurava ancora "solo" 15 km ma a metà degli anni '80 erano
20, arrivando sino agli attuali 25,800. Si tratta di un limite che a parere
del geologo Enrico Gleria è destinato a durare ben poco: "Non è
azzardato indicare nei 50 km lo sviluppo reale della grotta", sostiene.
Il "Buso della Rana" è una grotta sub-orizzontale nella cui
esplorazione non è necessaria la conoscenza di tecniche alpinistiche
o l'utilizzo di attrezzature specifiche in quanto la grotta ha un andamento
piano presentando soltanto alcune difficoltà nei rami principali, questa
la ragione che ne ha fatto una meta continua per decine di migliaia di visitatori
all'anno.
Giancarlo Marchetto
Paolo Verico
Relazione pubblicata su: SpeleoSoccorso 9:8, 1994
Il Buso della rana ha fatto ancora parlare di sè: ciò
accade ogni volta che la grotta va in piena e qualcuno rimane bloccato al suo
interno.
Gli interventi del 6º Gruppo in questi casi sono ben pianificati, ma la
particolare posizione della grotta, ad un passo dalla strada, ed il forte richiamo
che essa ha sulla stampa locale richiedono da parte nostra una grande attenzione
nella gestione di questo tipo di emergenze.
I fatti
Il giorno 6 novembre 1994, alle ore 13:00, perviene al 6º Gruppo una segnalazione
relativa alla presenza di dieci speleologi all'interno del Buso della rana,
con condizioni di tempo avverse ed in netto peggioramento. In tali condizioni
molti punti della grotta vengono allagati; nei primi 600 metri vi sono tre zone
sifonanti e non c'è altra via per ritornare all'esterno. La situazione
è ben nota, così si procede in via preventiva inviando sul posto
una staffetta di ricognizione. Constatata la eccezionale consistenza della piena,
acquisite le opportune informazioni e valutate le previsioni meteorologiche
si interviene, informando della situazione le autorità.
All'esterno vengono montati i tendoni per appoggiare la base operativa, i tecnici,
i materiali speleologici e quelli speleosubacquei.
Giungono sul posto il sindaco di Monte di Malo, i carabinieri di Schio e Vicenza
con propri sommozzatori. I presenti vengono aggiornati approfonditamente della
situazione.
L'intervento prosegue senza intoppi, coordinato dalla direzione del 6º
Gruppo, con i tecnici, gli speleosubacquei ed il medico impegnati all'esterno
e nella cavità, il supporto tecnico dei vigili del fuoco per completare
l'illuminazione dell'area davanti alla grotta e con l'opera dei carabinieri,
che seguiranno poi le operazioni per tutta la loro durata, che predispongono
tutte le necessarie misure di ordine pubblico.
L'obiettivo dell'operazione consiste nel superare i tratti chiusi dall'acqua
per raggiungere gli speleologi bloccati, verificare le loro condizioni, fornire
generi di sussistenza e trasportare una linea telefonica che consenta il contatto
costante con l'esterno.
Tecnicamente il problema maggiore è rappresentato dalla violenza dell'acqua
che impedisce il procedere anche nei tratti con aria e mette a rischio l'incolumità
stessa dei soccorritori.
Durante la notte, sfruttando una diminuizione dell'onda di piena, si completa
l'avanzamento, svoltosi a più riprese, all'interno della grotta fino
al massimo punto consentito prima di un nuovo peggioramento delle condizioni
atmosferiche. Seguendo costantemente l'evolversi delle condizioni metereologiche
si pianifica per le ore 6:00 di lunedì mattina un nuovo intervento. Come
previsto la riduzione della portata d'acqua favorisce il decisivo avanzamento
dei soccorritori che raggiungono gli speleologi bloccati messisi nel frattempo
in movimento verso l'uscita.
Alle 9:00 tutti gli speleologi soccorsi sono all'esterno della grotta dove si
constatano le loro soddifacenti condizioni generali.
Con il recupero di tutto il materiale utilizzato durante le operazioni, che
impegna i tecnici del 6º Gruppo ancora per qualche ora, l'intervento viene
concluso.
Fin qui il resoconto tecnico.
Ci sono ora alcune cose da evidenziare.
Le positive sinergie messe in atto fra le varie componenti presenti, dove ognuno
ha operato nel proprio settore di competenza hanno senz'altro contribuito al
buon esito dell'operazione.
Un tale accordo non si era visto di frequente in precedenza.
Il rilievo dato all'intervento dai mezzi di informazione è stato persino
eccessivo. In ogni caso i commenti sull'operato e sull'organizzazione del Soccorso
speleologico sono stati estremamente favorevoli. Altrettanto non si può
dire dei passaggi televisivi nazionali, dove il Soccorso sembra sia stato accuratamente
dimenticato.
Ma se il lato notizie tutto sommato ci interessa relativamente, un'altro fatto
invece deve farci riflettere: dai commenti raccolti a viva voce nei giorni successivi
all'intervento ci si accorge (anche se non è una novità) che è
largamente diffusa nell'ambiente speleologico la convinzione che il Soccorso
debba intervenire solo quando il soccorso fai da te non ha più modo di
risolvere il problema.
È questo un aspetto che può condizionare in modo fortemente negativo
la rapidità dell'intervento. Su di esso si dovrà certamente agire
informando e diffondendo una cultura del Soccorso, in modo da far capire che
la nostra organizzazione è funzionale alla speleologia e non qualcosa
di avulso da essa.