- MODELLO GEOLOGICO LOCALE
2.1 Cenni sulle conoscenze geologiche della zona
La letteratura riguardante gli aspetti geologici dei Monti Lessini, anche limitata alla sola zona dell’altipiano Faedo-Casaron annovera un grandissimo numero di lavori.
I primi studi si soffermano sui problemi stratigrafici e paleontologici e permettono, già verso la seconda metà dell’ 800, di giungere ad una prima definizione della serie stratigrafica della zona (BROGNIART, 1823; MARASCHINI, 1824; DE ZIGNO, 1850; SUESS, 1868; BAYAN, 1870; LASAULX, 1873; BITTNER, 1877; TARAMELLI, 1882).
E’ importante ricordare fra tanti lavori, quello di MUNIER-CHALMAS e DE LAPPARENT (1893) nel quale fra l’altro viene introdotto per la prima volta il termine Priaboniano. Quest’ultimo rappresenta un’unità cronostratigrafica il cui stratotipo è stato definito proprio lungo il versante orientale del Faedo-Casaron (CITA e PICCOLI, 1964).
A seguito del lavoro di questi Autori la regione dei Lessini orientali è divenuta classica per gli studi stratigrafici. Fra i numerosi lavori riportati in bibliografia ricordiamo quelli di OPPENHEIM (1901), BOUSSAC (1906), FA BIANI (1915), STEFANINI (1915), MALARODA (1958), HOTTINGER (I960), ROYEDA (1961), PICCOLI e MOCELLIN (1962), CITA e PICCOLI (1964), PICCOLI (1966.), PICCOLI e MASSARI DEGASPERI (1968), HARDENBOL (1968).
Fra gli Autori che si sono interessati alle manifestazioni vulcaniche della Lessinea ricordiamo PICCOLI, il quale in una serie notevole di lavori, compendiata nello “Studio geologico del vulcanismo paleogenico Veneto” del 1967, ha fornito il quadro più organico e completo del fenomeno.
Io schema tettonico della regione è stato studiato ed interpretato da numerosi Autori; ricordiamo i lavori di KLEBELSBERG (1918), DE PRETTO (1931), “PIA (1923), DE BOER (1963), ZANFERRARI (1972), BARBIERI (1972), CONEDERA et al., (1972), SEMENZA (1974), VISONA’ (1974), DE ZANCHE et al. (1978), BARBIERI e DE ZANCHE (1980), BARBIERI et al. (1981).
Tutti questi studi sulla Lessinea sono stati sintetizzati da varie carte geologiche che sono andate via via perfezionandosi nel tempo. Il primo rilievo comprendente i Lessini vicentini è quello pubblicato dal NEGRI (1901) al quale segue quello del FABIANI (1925) che cura l’edizione della Carta Geologica delle Tre Venezie per il Magistrato alle Acque. Si giunge poi, attraverso ulteriori lavori di revisione, all’edizione del foglio “Verona” della Carta Geologica d’Italia dove appare, sia pure con il dettaglio con sentito dalla scala, l’area del Faedo-Casaron (BOSELIINI et al., 1967). Infine un rilevamento geologico più recente ed aggiornato è quello dell’area di Recoaro che però giunge a coprire solo parte del versante occidentale del Monte Faedo ( BARBIERI et al., 1980).
Gli aspetti geomorfologici dei Lessini vicentini e in particolare quelli legati ai problemi dell’idrografia sotterranea del Faedo-casaron sono stati affrontati fin dall’inizio del secolo da FABIANI (1904; 1909; 1920) e in seguito ripresi da TREVISIOL (1938; 1941), PASA (1953), BARTOL0MEI (1957), ALLEGRANZI et al. (1960), GLERIA e ZAMPIERI (1978), GLERIA (1982).
2.2 Inquadramento geografico
L’area presa in esame costituisce la zona collinare posta tra Monte di Malo e Comedo Vicentino in provincia di Vicenza. La zona rientra interamente nella tavoletta 49 I NE “Malo”, del foglio “Verona” della Carta d’Italia, che è servita come base topografica per il rilevamento geologico.
Il rilievo studiato è compreso fra il corso del torrente Giara, che delimita anche tutto il margine dei Lessini orientali dalla pianura vicentina, e quello dell’Agno ad occidente. Il torrente Poscola, affluente di quest’ultimo, incide il rilievo nella parte sud-orientale attestandosi al passo di Priabona (253 m.); sul versante opposto un altro corso d’acqua discende verso il rio Rana e il Giara e con il Poscola contribuisce a delimitare ulteriormente il gruppo collinare.
L’asse del rilievo mostra un orientamento costante NNW -SSE, tipico del settore orientale dei Monti Lessini e parallelo a quello delle due valli principali. Dalla località Il Tezzane (158 m.), alla confluenza della valle del Poscola con quella dell’Agno, questo asse risale sopra il terrazzo di Cereda (275 m.) e da qui, per ripidi pendii, alla sommità del M. Verlaldo (596 m.) per proseguire lungo la linea di cresta che culmina con le cime del M. La Trinca (736 m.), del M. Stommita (755 m.) e del M. Faedo (780 m.).
A oriente di questa linea si trova un altipiano carsico, di circa 5 chilometri quadri di superficie, caratterizzato dall’assenza dell’idrografia superficiale e costituito da un susseguirsi di dossi e depressioni rotondeggianti. Questa zona, che raggiunge i 2 chilometri di larghezza sviluppandosi grossomodo tra il M.Faedo e il M. Casaron, si trova nel complesso poco antropizzata in relazione alla scarsità delle risorse idriche, fattore che ha finora limitato gli insediamenti. Negli ultimi tempi, tuttavia, si assiste ad una inversione di tendenza con la riscoperta a fini turistico-residenziali della zona, considerata anche la relativa vicinanza ai centri di Malo e Valdagno; pertanto sono state approntate migliorie alla rete viaria e si sono potenziati gli acquedotti esistenti.
Questo altipiano sovrasta a nord il terrazzo di Monte di Malo e a sud quello di Cereda dove scompaiono le morfologie carsiche e ricompare l’idrografia epigea che ha consentito lo sviluppo degli omonimi centri. I versanti dell’altopiano, quando non sono interrotti da pareti rocciose, appaiono coperti da ampie fasce boscose; solo sui sottostanti pendii ai boschi si sostituiscono le coltivazioni agricole alle quali fanno riferimento le frazioni di Muzzolon, Cereda e Priabona.
La delimitazione della zona oggetto del rilevamento geologico è fornita pertanto a nord dal terrazzo di Monte di Malo, ad ovest dal margine della tavoletta dell’IGM e a sud dal torrente Agno. Sul lato orientale questo limite segue il corso del torrente Poscola fino a Priabona e da qui la strada provinciale che unisce quest’ultima località con Monte di Malo. Il tracciato di questa strada sembra corrispondere abbastanza bene al limite morfologico fra le formazioni permeabili e quelle impermeabili che delimitano alla base il complesso del Faedo-Casaron. I limiti descritti circoscrivono un’area romboidale, con asse maggiore coincidente con quello del rilievo di circa 9 chilometri, e una superficie di circa 25 chilometri quadrati.
2.3 Geomorfologia
2.3.1 Elementi del rilievo
Il rilievo collinare del Faedo-Casaron è costituito da una struttura tabulare allungata in senso NNW-SSE che si eleva con pareti a tratti subverticali da pendii più dolci che la circondano. Tale contrasto è dovuto per lo più alla diversità litologica esistente tra la massa del altopiano, costituita essenzialmente da calcari oligocenici, e i terreni circostanti formati dai prodotti di alte razione delle vulcaniti basaltiche. Quest’ultimi, secondo PASA (ALLEGRANZI et al., 1960), costituiscono il livello tenace selettivo delle morfologie di terrazzo di Monte di Malo e Cereda.
Questo assetto geomorfologico deriva anche dalla sovrapposizione di più cicli erosivi fluviali che hanno determinato un’ampia superficie di spianamento (pediplain) su cui si sono successivamente approfondite le valli principali. Secondo vari Autori l’ipotesi di condizioni ambientali favorevoli alla pediplanazione si accorda con quanto si conosce sulla storia dei climi e della vegetazione nel Terziario e nel Quaternario antico (CASTIGLIONI, 1979).
Il tavolato sommitale (circa 5 kmq) appare rialzato sul margine nord-occidentale dove il Monte Faedo (780 m.) costituisce il punto più elevato dell’altipiano. Dal M. Faedo una linea di cime minori costituisce lo spartiacque orografico tra la valle dell’Agno e quelle del rio Rana e del torrente Poscola sul versante opposto.
All’estremo sud del Faedo-Casaron si erge la struttura piramidale del Monte Verlaldo (596 m.) che costituisce una propaggine ormai isolata dell’altipiano. Anche dalla parte opposta domina sul terrazzo di Monte di Malo uno sperone roccioso chiamato Monte Soglio (599 m.). Queste strutture isolate vanno interpretate come hum cioè come rilievi calcarei residuali i cui fianchi molto ripidi arretrano per fenomeni di corrosione marginale.
I versanti sottostanti la ripida scarpata dell’altopiano scendono con lievi pendii fino alle zone pianeggianti di fondovalle dove potenti alluvioni hanno sepolto gli antichi letti dell’Agno e del Giara. Lungo questi versanti si notano peraltro brusche rotture di pendio, soprattutto lungo il Rupiaro, il Rupiaretto o il rio Rana, i quali in corrispondenza di basalti colonnari o più compatti si incassano bruscamente formando numerose piccole cascate.
I margini dell’altopiano, predisposti da chiare fratture tettoniche, sono stati interessati da imponenti fenomeni franosi, più o meno recenti, che hanno coperto con ammassi talvolta rilevanti le pendici vulcaniche sottostanti. In qualche caso, si tratta in genere dei fenomeni più recenti, il corpo di frana conserva bene la propria individualità come a Crestani, a Brunelli o ancora sul versante orientale del Monte Soglio ed appare evidente sulla scarpata sovrastante la nicchia di distacco.
La zona interna dell’altopiano si presenta variamente ondulata con forme che risentono dell’assetto tettonico con doline spesso allungate o disposte lungo allineamenti precisi. Alcuni dossi isolati emergono dalla superficie tabulare dell’altopiano con netto risalto e costituiscono i resti dei camini vulcanici che, per la maggior resistenza all’erosione, danno luogo ai tipici fenomeni di inversione del rilievo. E’ possibile suddividere l’altopiano in sette settori che conviene esaminare individualmente.
2.3.2 Val delle Lore
Questa zona di circa 1.5 kmq di superficie è contraddistinta da un’incisione valliva, ancora evidente in alcuni tratti, nella quale si sono sovrapposte le tipiche morfologie carsiche. I due rami di questa valle, attestati quasi al ciglio dell’altipiano, discendono da SSW e da ESE seguendo evidenti lineazioni tettoniche e confluiscono in un pianoro a quota 578 metri (alcune quote vengono qui riferite rispetto alla base topografica del Comune di Monte di Malo alla scala 1:5 000). Da qui la valle prosegue più ampia per terminare con una serie di doline (540.0 e 546.3 le più ribassate) che sovrastano di circa 50 metri il terrazzo di Monte di Malo dove ricompare l’idrografia epigea.
Le doline poste sull’antico fondovalle mostrano forme decisamente allungate e fondo pianeggiante per la presenza di potenti coltri colluviali. Più depresse sono le doline che si incontrano risalendo il versante fino al bordo occidentale dell’altopiano: anche qui si osservano allineamenti ma a prevalente senso NE-SW. Il pendio appare inclinato nel senso degli strati le cui testate appaiono talvolta sul fianco delle doline che mostrano un profilo decisamente asimmetrico.
In quest’area compaiono anche limitati fenomeni tipici del carso nudo come campi solcati, vaschette di corrosione, pozzetti e fratture beanti. Le cavità carsiche note nella Val delle Lore sono 23 e per la loro descrizione si rimanda al paragrafo relativo.
Nel complesso le assorbenze della Valle delle Lore restano collegate ai sistemi ipogei del rio Rana con una quota di emergenza principale situata a 340 metri.
2.3.3 Terrazzo di Casare
Si tratta di una fascia pianeggiante (0.866 kmq) lunga circa 2.5 chilometri e larga da 200 a 700 metri che resta compresa tra la sella del Monte Soglio, il Monte Ulba e il margine orientale dell’altopiano Faedo-Casaron estendendosi fino al Monte Grande.
Le doline più ribassate (504.3 m) si trovano alla estremità settentrionale nei pressi del tornante della strada comunale che sale a Faedo; quelle a quote più elevate sono sulla dorsale del Monte Casaron (tra 618.7 e ~ 571 metri) e sul Monte Grande (tra 597.7 e 549.3 metri).
Secondo PASA (ALLEGRANZI et al., I960) questo terrazzo rivela l’esistenza di una paleovalle discendente dal Monte Faedo e diretta verso Priabona e la Vallugana.
Nella zona vengono segnalate 8 cavità.
2.3.4 Conca dei Maistri
A nord di contrà Milani si apre un’ampia conca che si estende su una superficie di 0.401 kmq , chiusa tra il Monte Ulba (709.6 m), quota 708 metri del Bosco dei Maistri e il cocuzzolo di quota 734 a nord di case Mieghi.
La depressione ha una pianta ellittica con asse NNW-SSE di circa 600 metri e una larghezza che raggiunge i 400 metri. L’area appare disseminata di doline, anche tra loro coalescenti, alcune delle quali, più depresse, hanno il fondo roccioso che mostra chiare fessurazioni beanti. Questi punti, a spiccata azione idrovora, innescano fenomeni tipo creep legati all’acclività degli imbuti e al disboscamento attuato per estendere le aree di pascolo. Questi fenomeni, per quanto possibile, vengono ostacolati intasando artificialmente con detrito di riporto o manufatti di cemento il fondo delle doline.
Le cavità doliniformi che si sono più approfondite, nella zona centrale della conca, raggiungono quota 610.6; quelle che restano più elevate si trovano poco più ad ovest (658.1 m).
Queste assorbenze sono collegate, almeno in parte, con i reticoli meridionali del Buso della Rana.
Nella zona risultano note 6 cavità per lo più accentrate sul versante nord-occidentale del Monte Ulba.
2.3.5 Conca Faedo-Milani
La conca Faedo-Milani si sviluppa tra le due contrade omonime che distano in linea d’aria circa 700 metri e tra le cime del Monte La Trinca e del Mote Ulba distanti 1.5 chilometri. L’asse della conca è allineato con quello della precedente e sembra testimoniare un paleoalveo discendente da NNW. Questa depressione si approfondisce sotto l’isoipsa 600 metri con doline ad imbuto dai versanti talvolta molto acclivi; le quote sul fondo sono comprese tra i 594.8 e i 553.7 metri.
Verso contrà Mieghi troviamo altre doline con distribuzione eccentrica rispetto all’asse principale e a quote superiori (637.O m) così pure spostandosi verso il margine dell’altopiano (683.3 m). Verso sud, superata la sella di Faedo, inizia una serie di doline allungate e degradanti verso l’incisione della Val Faeda. L’ultima di queste depressioni si trova a quota 557.9 metri.
La conca Faedo-Milani, che complessivamente si estende su un’area di 1.308 kmq, sembra verosimilmente connessa con il sistema sotterraneo della Grotta della Poscola il cui ingresso si trova a quota 265 metri.
In questo settore sono note solo 4 cavità.
2.3.6 Terrazzo del Monte Montagna
A sud di Faedo l’altopiano è inciso dalla Val Faeda (1.244 kmq) che risale da Priabona ma, superata contrà Meneguzzi, si estende con un estremo lembo carsificato; quest’ultimo è costituito da un terrazzo a pianta subtriagolare (1000 x 700 x 700 metri) che immerge lievemente verso la Val Faeda. Questo settore è delimitato ad occidente dalla cresta del Monte Montagna con quote comprese tra 575 e 619 metri mentre sul lato orientale discende fino a quota 525 metri sovrastando la conca dei Campipiani di circa 200 metri.
Al margine di questa superficie spianata appaiono due incisioni che risalgono dalla Val Faeda che sul terrazzo danno luogo a precisi allineamenti di doline; le quote di fondo di quest’ultime restano comprese tra quota 598.6 e 515.9 metri.
Non è chiaro se l’idrografia ipogea di questa parte dell’altipiano sia diretta verso NE, cioè verso i sistemi ipogei della Grotta della Poscola, oppure a SE verso la zona dei Campipiani. Considerando per la Grotta della Poscola un sistema orientato grossomodo NW-SE e orientando nello stesso senso il drenaggio sotterraneo del terrazzo è possibile individuare nella risorgente dei Crachi, a quota 300 metri ai piedi del Monte Nudo, un possibile esutore del sistema di drenaggio.
Su quest’area sono state individuate 4 cavità.
2.3.7 Conca dei Campipiani
Si tratta di un’ampia conca (0.43 Kmq) a fondo pianeggiante (332.3 m) che si sviluppa tra contrà Campipiani di Sopra (355.7 m) e contrà Barbari (408.5 m). Essa costituisce la continuazione della paleovalle identificata a Faedo e nel tratto in questione ha un’asse N-S di circa 700 metri. A ovest la conca è delimitata dal ripido versante del Monte Montagna e del Monte Nudo, verso sud è chiusa da un risalto morfologico culminante con quota 377 metri. A nord questa conca prosegue con alcune doline che restano sospese sopra la Val Faeda mentre sul lato opposto continua oltre la sella di contrà Campipiani di Sotto (343.1 m) con una profonda depressione, allungata in senso NW-SE che costituisce la porzione più ribassata del sistema dei Campipiani (298.1 m). Poco più a sud, superata una piccola sella, si raggiunge contrà Xotta e il terrazzo di Cereda che degrada dolcemente verso il fondovalle del torrente Poscola.
Tutto il margine orientale della conca dei Campipiani è chiuso da una stretta cresta (392.1, 350.3 e 327.5 m) al di là della quale si è approfondita la Valle del Poscola.
L’idrografia sotterranea dei Campipiani sembra orientata verso ESE dove, sul fondovalle a lato della strada provinciale per Priabona, è stata localizzata una grossa risorgente carsica (quota 225 metri).
Nella zona sono note solo 4 cavità situate tutte lungo la Val Faeda.
2.3.8 Valle Verlaldo-Nudo
Si tratta del tratto superiore della valle che risale dalla Fontana del Rio a Cereda verso il Monte Verlaldo. Questa valle, che si estende, su una superficie di 0.288 kmq, nel tratto inferiore è un vero e proprio canyon ma sopra quota 470 metri si apre in un ampio pianoro verso il quale degradano i versanti del Monte Verlaido (596 m) e del Monte Nudo (550 m). In questa zona che risale fino alla sella di contrà Aspromonte, non sono presenti doline .
La rete drenante sotterranea sembra orientata ancora verso SE dove a quota 320 e 375 metri si trovano delle risorgenti carsiche che mostrano forti variazioni di portata.