1993 Situazione

IL BUSO DELLA RANA E’ 25 KM!

di Lanaro Federico – Gruppo Speleologi CAI Malo

Una lenta e costante aggiunta di piccole diramazioni porta lo sviluppo ai 25.033 m attuali.

È ancora la grotta più grande d’Italia ad un solo ingresso e non ha rivali che ne pregiudichino il titolo, almeno fino a quando non si riuscirà a collegarla con il sempre più vicino altopiano del Faedo.
Il Gruppo Speleologi CAI Malo, è nato nel lontano 1968 proprio in seguito ad una spedizione (allora le chiamavamo così) della squadra di pallacanestro al Buso della Rana. Da allora il G.S.M. ha rivolto alla grande grotta una attenzione particolare e abbastanza continua. E non poteva essere altrimenti quando si ha una tale cavità a pochi chilometri da casa: una grotta che ha al suo interno una varietà di ambienti tali da soddisfare anche lo speleologo più esigente. Nel 1968 lo sviluppo era di 5 Km appena, ma bisogna sapere che lo speleologia era ancora in fasce. Certi rami venivano percorsi finché vi si poteva camminare, oppure venivano superati tratti anche disagevoli, ma comunque si “andava” fino a che la grotta terminava: o contro una frana (il più delle volte); o contro un camino (innalzamento verticale della galleria); o contro un sifone (lago che riempie tutta la grotta). Non si tentava di forzare questi ostacoli naturali che venivano accettati come il termine della grotta, anche perché raggiunti spesso in condizioni fisiche critiche, dopo moltissime ore di permanenza sottoterra. Basti pensare che la scoperta del Remo Trevisiol fu fatta molti anni dopo l’esplorazione del Ramo Principale della grotta, solamente perché l’ingresso dello stesso ramo era mascherato da un grosso masso che ne impediva totalmente la vista. Gli scopritori non fecero altro che “saltar via” il grande masso, per imboccare una grande e comoda galleria.

GLI ALPINISTI SPELEOLOGI
L’epopea d’oro dell’alpinismo vicentino coincise con le velleità arrampicatorie anche nei nostri bravi speleologi. È così che negli anni 60 viene risalito il Ramo dei Salti, diramazione attiva (con acqua corrente) del Ramo Principale, in cui vi sono molti lisci camini di roccia.
La tecnica è quella alpinistica per progressione in artificiale (chiodi a pressione e staffe). Ne sono artefici gli speleo del CAI Schio e giovani dell’ ASCi di Malo. Le esplorazioni si arresteranno davanti un grande camino verticale molto difficile.

Il nuovo concetto: LA DISOSTRUZIONE
Questo era il Buso della Rana fino ai 5 Km di sviluppo. Fu nel 1969 che successe l’esplosione. Il Gruppo Grotte del CAI Vicenza, forte di esperienza ed erede ideologico del grande pioniere Gastone Trevisiol, perito nel bombardamento aereo di Vicenza, disostruì, con ore di paziente lavoro, la grande frana terminale del Ramo Attivo di Destra. Essi, attoniti, sbucarono così in un grande salone, poi dedicato al veronese Angelo Pasa. Da lì il ramo, percorso da un impetuoso torrentello, proseguiva verso l’ignoto. Su un portale di roccia scrissero la fatidica frase: “G.G. Trevisiol – PARTIAMO” e furono ben presto raggiunti e superati i 13 Km di sviluppo della grotta. Infatti questo ramo si addentra nel cuore dell’altopiano del Faedo, diramandosi in mille direzioni con gallerie fossili (asciutte perché abbandonate dall’acqua), attive (percorse da torrente), saloni, salette, cunicoli, camini e mille forme diverse di ambienti sotterranei. E’ in questo momento che si inserisce l’attività del GSM. I nostri speleo maturano in fretta, dopo un’accurata esplorazione delle piccole diramazioni del Ramo Principale rivolgono la loro attenzione al Ramo dei Salti, che viene esplorato per oltre settecento metri di sviluppo e 220 m di dislivello positivo. Il salone terminale: la sala più alta del Buso della Rana, viene dedicata al compaesano Paolino Antoniazzi, pioniere dell’esplorazione del Buso della Rana. Nel frattempo anche gli amici del CAI Schio e del CAI Vicenza esplorano e risalgono imponenti camini verticali sempre nella zona del Ramo Principale e Ramo Trevisiol. È una corsa per cercare l’ingresso alto, la mitica uscita alta della grotta da cui sembrano entrare gli animali che si incontrano nelle zone più interne: ghiri, pipistrelli, insetti, guidati dall’aria. Nel contempo si cerca di raggiungere la grotta anche dall’esterno, esplorando e disostruendo tutti i buchi soffianti del Faedo.
E’ noto infatti che l’aria, più tiepida in inverno, che c’è dentro la grotta, risale i camini perché più leggera ed esce attraverso le fessure più impensate, nel sovrastante altopiano del Faedo. E’ così che negli anni 80 si assiste ad una gara tra i Gruppi di Malo, di Vicenza e di Schio, nella esplorazione e disostruzione dei cosiddetti “buchi soffianti”. Vengono catastati (portati a catasto) decine di piccole “spurghe” più o meno profonde, ma tutte sembrano chiudere su restringimenti o frane, a trenta/quaranta metri di profondità. Il GSM a questo punto rivolge la sua attenzione ai nuovi rami scoperti dal GG CAI Vicenza che ne ha steso un ottimo rilievo topografico, liberando quindi l’esplorazione ad altri gruppi. Il GSM, forte dell’esperienza di certi scavatori, intraprende una colossale disostruzione su una frana in Zona Peep, cosiddetta per l’incrocio regolare delle sue gallerie, tutte a 90°. Lo scavo non porta a nulla , in conpenso il superamento di una strettoia nelle vicinanze ci permette di raggiungere un grandissimo ramo, il RAMO NORD, che esploreremo per oltre 3 Km di sviluppo in direzione Nord, raggiungendo le estreme zone settentrionali della Grande Grotta. Così il conteggio sale . . .
Nel 1983 nasce la Commissione Rana, un organismo pensato per coordinare le esplorazioni al “Buso” ed aggiornare inequivocabilmente lo sviluppo totale.

IL RAMO NERO
Abbiamo visto le differenze tra ramo fossile e ramo attivo, possiamo quindi immaginare la grotta come un bacino fluviale, costituito da piccoli affluenti che si uniscono in un collettore principale, che esce dall’ingresso. I nuovi rami scoperti dal GG “Trevisiol” iniziano con una zona di rami asciutti che funge da spartiacque. Si penetra quindi in un nuovo bacino fluviale il cui collettore principale è chiamato “Ramo Nero”, con portata d’acqua molto alta, tale che il Comune di Malo vagliò per un certo tempo l’ipotesi di scavare una galleria artificiale dall’esterno per catturarne l’acqua. Questo grande ramo è lungo oltre ottocento metri, raggiungendo zone molto interne nel cuore dell’altopiano del Faedo e terminando con un sifone.

IL CAI SCHIO E LA “PISATELA”
Uno dei buchi soffianti che il Gruppo Grotte CAI Schio non ha mai smesso di disostruire è quello a suo tempo battezzato con il nome dialettale scledense del girino : “Pisatela”, come a dire rana in embrione, sperando che ciò fosse di buon augurio per la sospirata giunzione. Nel 1993 da un cunicolo disostruito in questa cavità, gli speleo di Schio hanno raggiunto una grande grotta percorsa da un notevole torrente. Questo torrente si dirige inequivocabilmente verso il sifone del Ramo Nero ma viene interrotto da una frana di proporzioni ciclopiche, tali da spegnere gli entusiasmi degli amici di Schio che avevano sperato nella scoperta dell’ingresso alto del Buso della Rana.

LA “COMMISSIONE RANA” A MALO
Nel 1993, dopo dieci anni di attività, il curatore della commissione che coordina le esplorazioni della grotta; Enrico Gleria del Club Speleologico Proteo di Vicenza, ha passato le consegne a Federico Lanaro degli speleologi del CAI di Malo. Egli ha l’incarico di organizzare le riunioni annuali dei gruppi interessati al rilievo dalla grotta, l’ultima si è svolta il 15 gennaio 1993 in sede GSM ed in quell’occasione lo sviluppo della grotta è stato portato a superare i 25 Km. Un bel risultato di tutta la speleologia vicentina!

Rilievo Buso della Rana al 1995 di Federico Lanaro

Rilievo Buso della Rana al 1995 di Federico Lanaro

Sezione del Buso della Pisatela al 1998

Sezione del Buso della Pisatela al 1998

Pianta del Buso della Pisatela al 1998

Pianta del Buso della Pisatela al 1998

Sezione dell'Altopiano Faedo-Casaròn con le principali diramazioni prossime alla superficie (disegno di Federico Lanaro) 1993

Sezione dell’Altopiano Faedo-Casaròn con le principali diramazioni prossime alla superficie (disegno di Federico Lanaro) 1993

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