Storia esplorativa del Camino Papesatàn
Autore: Franco Valmorbida GSM
Buso della Rana, Ramo Nord, Papesatàn; un trittico di nomi che per molti speleo non dice più di tanto, ma per altri, anzi per pochi, è il sogno.
Domenica 6 maggio 1990: io, il Mastro e il Costa entriamo in Rana per un’escursione fino al Papesatàn; il Costa ed io siamo due allievi del sesto corso appena terminato, il Mastro un vecchio dinosauro della speleologia vicentina; durante il tragitto ci racconta gli aneddoti e le varie fasi delle esplorazioni dei rami che percorriamo, punti salienti come “Bivacco di Sala Snoopy”, “Strettoia Paolo”, “Sala Nera”, ‘‘Ramo Nord” ed infine “Papesatàn” battezzato così dagli esploratori Beppe Nassi e Santina con pertinente riferimento all’Inferno descritto nella Divina Commedia. Lo scopo dell’uscita è il controllo di un meandrino visto da altri, poi l’interesse si sposta e grazie alla guida esperta del Mastro, ci troviamo di fronte alla straordinaria visione del grande camino del Papesatàn.
Lì ha inizio il sogno. Inverno 1993: inizia la risalita del Gran Camino, una verticale che si lancia verso l’alto fin dove la luce dell’elettrico riesce ad arrivare. In tre uscite ci portiamo a quota +42 dove una cengia ci permette di trasportare la piazzola di sicura. La cengia lascia intravedere la possibilità di abbandono del gran camino per uno secondario più arrampicabile che “Andrea Fogliame” e “Toni Canoa” in un’uscita infrasettimanale, riescono a risalire per circa una ventina di metri, non più nella zona di erosione ma in una spaccatura tettonica. Alla sua sommità tramite una finestra posta a due metri, si accede in un altro fantastico camino parallelo alto una quindicina di metri.
La domenica successiva io, Toni Canoa e Popa completiamo la risalita e arriviamo alla base di un altro camino di una decina di metri, con il pavimento tempestato di teschi ed ossicini di faina e piccoli roditori; una nutrita schiera di cavallette popolano il camino. Il sogno incomincia a concretizzarsi nelle nostre menti.
Ritorniamo io e Toni Canoa a risalire l’ultimo camino per controllare uno pseudo meandro che a parer nostro deve per forza esserci. Alla fine c’è ma con un’entrata così malforme che non ci si passa neanche piangendo. Sì, piangendo, perché la corsa verso l’alto si è arrestata, ora molte uscite saranno impegnate per allargare questa entrata e far venire alla luce uno stretto e angusto meandro. “Endriu Valdes” alias Andrea Filippi, buon strettoista, arriva fino ad un sasso che ostruisce il passaggio.
Quindici giorni dopo siamo io, Toni Canoa e Andrea Fogliame a tentare il meandro, o meglio il superamento del sasso. Io e Toni arriviamo di fronte all’ostacolo e Toni molto più strettoista di me, tenta il passaggio e, dopo non poche difficoltà, ci riesce. Al di là il meandrino è un po’ più largo e pare sia pure sfondato verso il basso, ma Toni è solo e non e semplice proseguire.
L’aria c’è e la voglia non manca ma un intero inverno passato ad andare e venire dal Papesatàn stanca veramente; fermiamo, l’esplorazione per riprenderla il prossimo inverno.
Dopo circa nove mesi, riprendiamo l’impresa da dove eravamo rimasti per portare avanti i lavori su tutto il fronte: decidiamo quindi che nel meandro ci lavorino gli strettoisti ed io con altri continuiamo la risalita del camino principale. Manco a dirlo per scherzo, tutto tappa e l’unica via di prosecuzione è proprio il meandrino.
Nel frattempo Endriu Valdes assieme a Luca tenta di superare il sasso che ostruiva il meandro ma lo stesso si muove incastrando lo sfortunato Endriu, costringendo Luca a lavorare per circa trenta minuti per liberarlo. Fortunatamente la parete del meandro è friabile ed il masso viene spostato, rendendo percorribile il passaggio. A quel punto i ragazzi sono molto provati e desiderosi di uscire. Tutto è rimandato alla prossima volta che non tarda a venire.
A noi sì aggregano vari elementi del corso dell’anno precedente, da poco promossi effettivi che dimostrano la loro validità eseguendo il rilievo. Grazie alla loro silhouette saranno la chiave per la nostra prosecuzione. Ora il meandro è agibile fino allo sfondamento e contiamo di aprire lo stesso proseguendo ad un livello più basso che sembra più comodo; dopo due uscite Donatella si infila nello sfondamento per circa 6 metri senza gli esiti sperati. Risalendo Donatella afferma che il meandro non sembra poi così impossibile e prova ad infilarcisi. La “Nutella”, così era soprannominata a quel tempo, pare ci possa passare, ma ci sembra pericoloso visto che nessuno, in caso di bisogno, riuscirebbe a raggiungerla. Si rimanda tutto alla prossima.
A questo ulteriore attacco al meandro del Papesatàn ci onora della sua presenza nientepopodimeno che il “Dinosauro” per eccellenza, lo strettoista dei mondi sotterranei, l’Istruttore Nazionale, il grande “Istrione” del G.S.M. , lui: Thony Tessaro.
Arriviamo sul posto e Nutella e Thony valutano il da farsi. Dopo un po’, Thony si rende conto che per proseguire si deve allargare e ci avvisa di portargli il materiale da disostruzione. Abbandono il caldo e comodo bivacco costruito in precedenza da Andrea e li raggiungo.
Dopo una breve disostruzione sento l’urlo i felicità di Nutella, il camino tanto cercato c’è e sale verso l’alto per circa 20 metri. L’euforia è tanta e la superficie del Faedo Casaròn non è lontana ma il meandro è stretto, molto stretto e la disostruzione in quel posto remoto della Rana è difficile.
Un altro anno è andato, i mille impegni della vita incombono su ognuno di noi, tanti non torneranno più perché quel sogno è stato rimpiazzato da altri forse più reali; ma chissà forse altri speleo arriveranno a ridare corpo a quel sogno e finalmente il Papesatàn potrà diventare la scala per il “Verde Paradiso” del Faedo Casaron.