1983-1992: dieci anni di coordinamento
di Enrico Gleria (Club Speleologico Proteo), tratto da Speleologia Veneta del 1993
Mille vissuti mi legano al Buso della Rana: sono entrato nella grotta come tanti, nella metà degli anni ’60. Allora ero scout dell’ASCI ma avevo appena iniziato a frequentare il Gruppo Grotte del CAI di Vicenza e, verso la fine degli stessi anni, trovata la prosecuzione della grotta e l’entusiasmo ho iniziato ad esplorare con sistematicità le sue parti più interne: praticamente una cinquantina di spedizioni nelle nuove zone scoperte tra il 1969 e l’inizio del 1975, 320 ore trascorse nella grotta nel solo 1973. Poi, dopo aver fatto uscire la seconda monografia scientifica sulla grotta (1978), ho iniziato a frequentare la grotta più sporadicamente passando il testimone ad altri.
E’ stato comunque un passaggio di consegne difficile e mi sono reso conto che poco ci si orientava su quanto era stato fatto così che i dati messi insieme in quegli anni denunciavano una certa confusione e soprattutto una mancanza di coordinamento; si veda a questo proposito il lavoro presentato nel primo Convegno Triveneto di Speleologia, nel dicembre 1980: il Buso della Rana raggiungeva allora uno sviluppo di 15.575 metri ma le numerose “mani” rendevano problematico ogni aggiornamento. E’ così che, nel dicembre 1982, decido di proporre ai gruppi vicentini, e riprendo qui la lettera di convocazione di allora, “una riunione con lo scopo di costituire una Commissione permanente che dovrà coordinare il lavoro, di ogni genere, al Buso della Rana. In subordine verrà preso in esame anche lo studio dei fenomeni carsici dell’altopiano sovrastante (Faedo-Casaron-Verlaldo) che interessa i tre comuni di Monte di Malo, Comedo Vicentino e Valdagno. La Commissione, composta da 1-2 rappresentanti di ogni Gruppo e dal rappresentante del Catasto veneto, si riunirà una volta all’anno oppure ogni 6 mesi (da decidere) per porsi degli obiettivi di lavoro, uniformare le metodologie, discutere ed assemblare i risultati.” Già nelle riunioni successive si crea un dibattito chiarificatore e propongo vari lavori che hanno lo scopo di rendere accessibili dati, di stimolare e facilitare le ricerche: un primo “Quaderno” è dedicato al computo metrico della grotta, dettagliato per settore, e si può rivedere così lo sviluppo complessivo della grotta che alla seconda riunione della Commissione (gennaio 1984) risulta essere di 22.188 metri. Da quel momento l’aggiornamento è giunto puntuale e non ha più evidenziato difficoltà anche se proveniente da gruppi che hanno operato all’esterno della Commissione. Un secondo “Quaderno” è dedicato alle cavità dell’Altopiano Faedo-Casaròn evidentemente connesse coi sistemi sottostanti e spesso riesplorate con lo scopo di trovare eventuali prosecuzioni e collegamenti coi reticoli basali. In questo senso si è assistito ad un notevole sforzo esplorativo in questi ultimi anni che, per ora, non ha però ancora premiato gli speleologi. A questo riguardo è stata anche sistematizzata l’ubicazione delle cavità per fasce altimetriche e ciò ha evidenziato, oltre che livelli di trattenuta sospesi, una notevole interconnessione tra le cavità discendenti di superficie e i sistemi ascendenti dislocati nei reticoli basali. In questo senso la ricerca ha conosciuto fasi di entusiasmo che però si sono forse spente sempre troppo in fretta. Si tratta di un lavoro piuttosto lento, non sempre remunerativo dal punto di vista esplorativo, ma che comunque non manca di risultati, si veda a questo riguardo lo sviluppo del Ramo dei Salti o del Ramo Silvestro. Per circa 10 anni ho seguito gli appuntamenti della Commissione cercando di stimolare i Gruppi Vicentini prima e poi, dal 1984, allargando il dibattito ai Gruppi Veronesi. Mi sembra comunque che il clima di collaborazione raggiunto negli ultimi anni abbia contribuito a spegnere anche il clima di competizione che opponeva i gruppi impegnati nella grotta che sortiva forse risultati migliori: così negli ultimi anni l’esplorazione è venuta a mancare e l’aggiornamento si è arenato sui 24 chilometri (24.354 metri: dicembre 1992). Ciò è coinciso forse con un cambiamento di interessi oltre che di generazioni, quest’ultime sembrano poco propense ad una routine fatta a pochi chilometri da casa: anche la grotta, contenitore di avventure, è diventata ormai un prodotto di consumo.
Così negli ultimi tre quattro anni la ricerca sembra essersi notevolmente ridotta tanto che è divenuta sporadica l’attività dei gruppi, ormai rivolti a mete più “esotiche e profonde”, e questo nonostante la grotta abbia le sue mille potenzialità con un reticolo basale conosciuto solo per circa il 20% bloccato da frane o sifoni e che respira verso l’alto attraverso un’ottantina di camini solo in piccola parte risaliti.
Sarà la vicinanza a casa, la routine, e si sa: le mele del proprio albero sono destinate a marcire.