La Ferrata CAI Malo al Laghetto di Caronte
Autore del testo: Federico Lanaro – Gruppo Speleologi CAI Malo
Un po’ di storia
Molte grotte oppongono delle barriere naturali al facile procedere dell’uomo, sia che esso sia l’antico uomo delle caverne, che le grotte le penetrava per necessità di rifugio, sia il moderno speleologo che le esplora per il gusto della scoperta e per soddisfare l’innato bisogno di conoscere l’ignoto.
Nel Buso della Rana queste barriere si chiamano ‘‘Sifone” e “Laghetto di Caronte”. Il Sifone cessò di essere tale negli anni ’30 quando nel corso di lavori per la cattura delle acque, furono abbassati i livelli idrici della grotta, fino a rendere sub-aereo il passaggio che prima era totalmente sub-acqueo. E cadde la prima barriera. Restava, subito dopo il Sifone, il bacino naturale battezzato dai primi esploratori: “Laghetto di Caronte”. Si tratta di un ristagno d’acqua che occupa tutta la larghezza della galleria del Ramo Principale che qui è dell’ordine di 2m, con una lunghezza di circa 5m e una profondità massima nella zona centrale di 3m. Per superarlo occorreva un’imbarcazione. Per i primi esploratori della grotta ciò significava estenuanti soste per traghettare, con il canotto, tutti i partecipanti le spedizioni, sempre numerosi. Immancabile la lavata del fondoschiena per l’inevitabile acqua che clandestina, penetrava nell’imbarcazione. Negli anni ‘70 il Gruppo Speleologi CAI Malo costruì una passerella sul laghetto allo scopo di portare in grotta un grande numero persone in occasione delle prime “turistiche” con la creazione del CAI di Malo. Furono usati dei pali di faggio incastrati a mazzate sulle pareti e tavole da muratore per camminare. L’opera rimase installata per qualche mese e gli speleologi che ne usufruirono notarono subito l’enorme vantaggio in termini di tempo e fatica che la passerella offriva e quanto più veloce fosse esplorare la grotta senza perdere tempo con sagole e canotto. E cadde (idealmente) la seconda barriera.
La ferrata
Si cominciò pensare alla costruzione di qualcosa di fisso per superare il laghetto e la scelta si orientò sulla costruzione di una ferrata sulla parete sinistra, la più comoda perché liscia e verticale, ad una altezza sull’acqua che permettesse comunque il transito con l’imbarcazione per qualche “nostalgico” o più semplicemente, per il ricupero veloce di una barella in caso di soccorso, utilizzando il canotto. Fu illustrato il progetto ai Gruppi Vicentini che, anche se con qualche perplessità, si dimostrarono favorevoli, a condizione di iniziare la costruzione della ferrata un po’ avanti sulla parete, in modo da non permettere l’accesso a chiunque, ma solo a speleologi esperti muniti di staffe. Era previsto cioè un “ponte levatoio” che funzionasse da ultimo frammento di barriera naturale. La costruzione richiese tre o quattro uscite ed ebbe luogo nel 1978. Con l’uso di un potente generatore a 220V all’esterno e la posa di una linea di corrente provvisoria fu possibile illuminare a giorno il cantiere mediante lampadine. Fu approntata una zattera di polistirolo per lavorare ad un metro dal livello dell’acqua e forare la parete per l’infissione di pioli di trafilato che si piantavano con semplice pressione. Una fila per i piedi e una per le mani, opportunamente piegati e rivestiti. Per la sicurezza fu posta una fune metallica con sostegno a metà lunghezza. L’opera fu resa operativa in giugno del 1978, per festeggiare il Decennale di Fondazione e fu battezzata con il nome della nostra Sezione del CAI: “Ferrata CAI Malo”.
La ferrata cominciò così il suo servizio alle numerose spedizioni che portarono il “Buso” ad essere allora, come lo è tutt’oggi, la maggiore grotta italiana ad un solo ingresso. Con l’uso costante si evidenziò tuttavia una grossa lacuna. Il “ponte levatoio” di staffe veniva regolarmente “dimenticato” in loco dagli speleologi vanificando così il suo scopo protettivo. Fu deciso quindi di aggiungere il pezzetto mancante, anche per consentire più agevolmente le visite guidate delle scuole, che iniziavano ad essere svolte con una certa regolarità dai gruppi grotte. E cadde anche l’ultimo pezzettino di barriera naturale.
Passarono gli anni e la ferrata resistette all’uso intensivo a cui fu sottoposta grazie al semplice e robusto sistema con cui fu progettata e costruita, necessitando solo di controlli al cavo di sicura, che venne regolarmente sostituito. Lo scorso anno (1997) fu sollevata qualche perplessità sui pioli usati come appoggi per i piedi. Fu constatato che potevano essere pericolosi in caso di scivolamento, perché potevano causare delle serie ferite. Il Gruppo Speleologi del CAI di Malo si assunse il compito di provvedere a rendere più sicura la camminata, incapsulando i pioli in una piccola pedana in lamiera zigrinata. Questa veniva a sua volta fissata mediante tasselli alla parete, distribuendo così il carico su più punti di fissaggio per irrobustire ulteriormente la struttura. Questi lavori sono stati svolti nel gennaio 1998 a vent‘anni di distanza dall’inaugurazione, e in concomitanza con i festeggiamenti per il 30° anniversario di fondazione del GSM. In questa occasione è stata anche sostituita la scala a pioli alla cascata nel Ramo Principale.
Lasciatemi spendere un’ultima parola sull’inquinamento della grotta. Una delle motivazioni che, a suo tempo, scartavano l’idea della ferrata era il proliferare di atti di vandalismo e di imbrattamento con vernice sulle pareti, compiuti dalle orde di pseudo-speleologi che avrebbero avuto via libera con la costruzione della ferrata. A tal proposito una foto vale mille parole. Osservate la parete della galleria nel 1978, anno della costruzione e confrontatela con l’immagine attuale. Noterete sicuramente la differenza. E vero che le scritte sono state cancellate dal GSM nel corso delle varie “pulizie” effettuate negli anni scorsi, ma è anche vero che il fenomeno non ha assunto le proporzioni temute, anche grazie alla notevole opera di sensibilizzazione delle nuove generazioni all’ecologia ed al rispetto della Natura.
Questo è quindi il messaggio che il Gruppo Speleologi di Malo intende dare con la costruzione ed il mantenimento di questa opera: facilitare l’ingresso alla grotta a tutti quanti ne sono interessati: siano essi speleologi di punta che si recano in esplorazione a cinque ore di marcia dall’ingresso, nelle estreme regioni della grotta: siano invece visitatori occasionali in cerca di nuove emozioni. A tutti viene facilitato il cammino, ne facciano l’uso migliore!