Il primo nuovo tentativo di esplorazione si deve al Gruppo Grotte Schio, che nel ’64 ritorna al fondo del Ramo dei Salti e riesce a superare, a mezzo di tecniche alpinistiche, la parete terminale raggiunta dallo stesso Gruppo negli anni ’50. Oltre questa viene percorso un nuovo tratto di galleria ma un altro muro verticale respinge un successivo tentativo di risalita del ramo (leggi il racconto di Busellato).
Nel ’65 lo stesso G.G.S., forzando il cunicolo sovrastante i Fontanazzi, congiunge il Ramo Principale con la parte interna del Ramo Destro dell’Ingresso.
Verso il ’68 anche gli altri Gruppi vicentini riprendono più o meno contemporaneamente a frequentare la grotta con intenti esplorativi. Le scoperte all’inizio fioriscono qua e là un po’ ovunque e presto, in base ad un accordo, la grotta è divisa in zone di lavoro riservate. In seguito la fortuna non toccherà quindi in parti uguali a ciascun Gruppo.
È dunque nel ’68 che il Gruppo Grotte Trevisiol riprende i lavori con un breve avanzamento al cunicolo terminale del Ramo Trevisiol.
Ma è in un’altra direzione che si apre, agli inizi del ’69 una nuova fase esplorativa. Lo stesso Gruppo, superata la frana che occludeva il Ramo Attivo di Destra oltre la Sala della Scritta, sbuca nel grande salone, dedicato poi al veronese Angelo Pasa, ed entra in quello che si rivelerà il più complesso sistema di gallerie della grotta (vedi racconto dettagliato).
Da quel momento le spedizioni si succedono a ritmo sostenuto di pari passo con il rilievo topografico. Dopo la Sala Pasa vengono esplorati i Rami di Sinistra (Ramo Principale di Sinistra, Ramo delle Colate, Ramo delle Cascate), mentre proseguendo lungo il Ramo Attivo di Destra si scopre un passaggio che dà accesso ad un sistema di rami fossili superiore, il Ramo dei Camini.
Negli stessi anni venne spianata l’area antistante l’ingresso dove venne realizzato un rifugio che venne però presto abbandonato a sé stesso innescando un processo di degrado, grazie agli ignobili atti di vandalismo dei troppi visitatori occasionali, che avrebbe portato all’aspetto di discarica uno dei più suggestivi angoli del territorio naturale del vicentino.
Negli anni ’68-’69 inizia anche l’attività del Club Speleologico Proteo con alcuni tentativi di risalita del Ramo dei Salti e con l’esplorazione sistematica del Labirinto, un complesso di cunicoli inattivi che promette alcune novità.
Nel ’70 lo, stesso G.S.P. rileva il Ramo del Pantano e completa la revisione del Labirinto, mentre dà inizio a un lungo lavoro di scavo nei depositi argillosi del condotto fossile che dal Trivio si dirige in direzione Sud per alcune decine di metri prima di interrarsi completamente. Lo scavo, protrattosi per alcuni anni, non darà alla fine alcun risultato. Sempre nello stesso anno viene esplorata e rilevata dal C.S.P. una lunga diramazione del Ramo delle Marmitte che viene chiamata Cunicolo delle Diaclasi, mentre anche la zona del Ramo dell’Argilla, Ramo Morto e Sala da Pranzo svela alcune brevi diramazioni.
Dopo l’importante lavoro di documentazione delle scoperte fatte, riprende nel ’71 l’avanzamento dei nuovi rami da parte del G.G.T. La scoperta della Sala Snoopy col suo nuovo corso d’acqua dà accesso verso valle al Ramo dei Ghiri e alla Zona Peep, entrambi inattivi, mentre il sottostante ramo attivo si chiude con sifone. La risalita del nuovo torrente permette invece di entrare nel Ramo Nero, che si dimostra ben presto il più ostico ed il più pericoloso da percorrere, in quanto in occasione di piene alcuni passaggi bassi vengono completamente allagati.
Vista la portata d’acqua molto alta, per un certo tempo il Comune di Malo vagliò l’ipotesi di scavare una galleria artificiale dall’esterno per provvedere al proprio fabbisogno idrico.
Nel ’72, nel dedalo di cunicoli che precede Sala Snoopy il G.G.T. scopre un importante diramazione inattiva denominata poi Ramo della Faglia, topograficamente situata tra il Ramo Attivo di Destra e il Ramo Nero (vedi resoconto esplorativo). Questa zona poco conosciuta a causa della sua complessità, presenta ancora dei punti interrogativi.
La visita del sistema del Ramo Nero, che richiede lunghe marce di avvicinamento per portarsi nelle zone operative, rende necessaria l’installazione di un bivacco fisso che permetta un certo riposo dopo le punte nelle parti più interne. Molte spedizioni sono dedicate dal G.G.T. nel ‘73 alla realizzazione del bivacco.
Nello stesso anno viene superata in arrampicata la parete aggettante della Sala dei Tufi e si scopre un secondo ambiente con le medesime caratteristiche, denominata appunto Seconda Sala dei Tufi. Superata la nuova parete strapiombante con un palo da scalata smontabile, una ennesima frana blocca per un certo periodo l’avanzamento. Verso la fine del ’74 anche questo punto è oltrepassato e si scopre la Sala Settembre intravedendo alcune prosecuzioni.
Negli anni ’72-’74, frattanto, dal fondo del Ramo dei Ponticelli il C.S.P. esplora un lungo e malagevole cunicolo inattivo, il Ramo del Congiungimento, che permette di comunicare con un nuovo ramo attivo, il Ramo Verde. La discesa del corso d’acqua dà accesso a un nuovo imponente sistema di gallerie, Ramo Scaricatore e Ramo dei Sassi Mori, che conduce in direzione dell’ ingresso della grotta, sovrapponendosi in parte col Ramo delle Marmitte.
Sempre nel ’74, i gruppi vicentini decidevano di chiudere la grotta con un cancello allo scopo di salvaguardare l’ambiente ipogeo dal fenomeno dell’inquinamento turistico sotto forma di ogni genere di oggetti abbandonati in grotta. I lavori, coordinati dal G.S.M. gruppo promotore, ebbero termine a metà ottobre e le chiavi dei due cancelli, posti in prossimità del sifone, vennero consegnate a tutti i gruppi vicentini. La cosa durò poco perchè qualche mese dopo un gentile signore di Padova, dopo qualche ora di paziente lavoro, provvedeva a segarli e gettarli dentro il Laghetto di Caronte ignorando che l’accesso era libero a chiunque ne avesse fatto richiesta.
Nel ’75 il G.G.T. risale parzialmente il Camino dell’Incidente e scopre alcune diramazioni, mentre nel Ramo Nero prosegue l’avanzamento, ma di poco, a causa di nuove strettoie.
Dettagli esplorativi degli anni dal ’69 al ’75 nel racconto dettagliato di Zampieri.
Nell’arco di tempo dal ’68 al ’75 si svolge contemporaneamente anche l’attività del Gruppo Speleologi del CAI di Malo con l’esplorazione accurata del Ramo Principale e del Ramo Trevisiol. Il Corridoio delle Stalattiti viene percorso interamente nella parte sommitale dove si scopre la Sala Alta. Un notevole lavoro di forzamento è intrapreso al termine del Cunicolo Morto nel Ramo Trevisiol, ma senza apprezzabili risultati.
Nel ’76, mentre lo stesso G.S.M. inizia ad armare con scalette i dislivelli maggiori del Ramo dei Salti, il C.S.P., in seguito al tentativo di superamento della Fessura Allagata, scavalca il nuovo ramo attivo scoperto (Ramo Verde) e percorre a Nord di questo, una lunga e vasta galleria denominata Ramo dei Sabbioni, la cui esplorazione impegna anche il ’77.
In questo anno si hanno i tentativi congiunti del G.G.T. e del G.S.M. per il superamento della zona finale del Ramo Nero.
Verso la fine del ’77 il G.G.S. riesce a risalire con l’impiego del «Ragno», per oltre 70 metri di dislivello, la galleria ascendente al termine della prima confluenza attiva del Ramo Principale. Il ramo, chiamato Camino Natale ’77, tocca il punto più alto raggiunto, a circa 220 metri d quota rispetto l’ingresso della grotta.
Nel ’78, dopo aver terminato i lavori alla ferrata sul Laghetto di Caronte, il G.S.M. dà inizio a una serie di tentativi di risalita di un grande camino nella zona terminale del Ramo dei Salti. Il camino, che si presenta come una diramazione asciutta, viene risalito fino alla Sala Ore Lunghe, oltre la quale sono scoperte la Sala Priabona e la Sala della Confluenza, fino a giungere ad un notevole vano verticale con frana sommitale. Superata anche questa il G.S.M. sbuca in un altro grande ambiente, la Sala della Veda e di qui, con ulteriore risalita, giunge nel Salone P. Antoniazzi, che segna uno dei due punti più alti raggiunti, a +220 metri dalla quota dell’ingresso (vedi storia dettagliata).
Sempre nel ’78 il G.G.S. risale l’Androne Terminale del Ramo Principale. Il vano chiude in una specie di galleria a meandro completamente occlusa da argilla.
Ancora nel 1978, a novembre, inizia l’esplorazione di una piccola cavità, poco più che una tana di tasso e segnalata già nel 1965 dal maestro Gasparella, che presenta una notevole corrente d’aria. Essa viene battezzata Buso della Pisatela, quasi a chiamare l’auspicio che un domani la pisatela (che nel dialetto locale significa “girino”) possa trasformarsi in rana.
Nel ’79 il G.S.M. scopre una diramazione fossile del Ramo Attivo di Destra, denominata Anello di Sala Pasa, che partendo dalla Sala della Scritta congiunge le due sale. La collaborazione del G.S.M. col G.G.T. permette di ritornare in fondo al Ramo Nero dove nel frattempo la frana terminale è stata forzata. Vengono esplorate nuove gallerie che per la loro morfologia non hanno niente a che vedere col Ramo Nero. In una sala superiore al ramo attivo viene rinvenuta una foglia di castagno ancora in buone condizioni: c’è un secondo ingresso? Il ramo attivo termina con un sifone dalla volta molto bassa; ripetuti tentativi in questa direzione non danno, per ora, alcun risultato. Lo sviluppo della grotta arriva così a superare i 15 Km con i seguenti sviluppi parziali:
Come abbiamo visto, negli anni ’70 l’avvento delle nuove tecniche e materiali speleo-alpinistici consentono di effettuare importanti risalite per cercare di sbucare nel sovrastante altopiano. S’intensificano pure le ricerche di cavità in superficie, specie nei mesi invernali quando è facile notare la risalita dell’aria calda, e la discesa di voragini più o meno profonde per cercare d’intercettare le gallerie del Buso della Rana, purtroppo senza esito. Tra le più profonde citiamo solamente il Buso de Cecco (-135m) e l’Abisso Papanero (-133m).
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