2007 1 km del nuovo Ramo Spalmer

(A voler cercare, qualcosa salta fuori, … sempre!)

Testo di Sandro Sedran, Gruppo Speleologi CAI Malo

Dopo quasi vent’anni dalle prime esplorazioni, ci si era finalmente decisi di andare a sostituire i vecchi armi al Camino dell’Eco per tornare a curiosare da quelle parti che da tanto tempo attendevano la visita di qualche nuova generazione di speleologi.
Domenica 17 giugno 2007, la Rana era reduce da un intenso periodo di piogge e tutti i corsi d’acqua interni erano belli gonfi e costringevano ad abbondanti lavate. Piega, Matteo e Davide, giunti alla base del Camino dell’Eco, hanno iniziato le operazioni di sostituzione della prima corda da 25m, lesionata, e dei moschettoni e placchette in alluminio con altrettanti d’acciaio. Superata la strettoia, stretta!, i due salti successivi, di 5 e 10 m, avevano i moschettoni in condizioni pietose, tanto da consigliare a Pierga la risalita in arrampicata e provvedere alla loro sostituzione.
Terminata la risalita del camino segue un tratto fangoso semi-orizzontale fino ad una frana che si risale in mezzo ai blocchi per sbucare nel grande ramo superiore con dimensioni di circa 4×15 m. Questo ramo corre in direzione ovest incrociando una conoide di frana che risale verso nord fino a chiudersi nella frana finale. Pochi metri prima di essa, la galleria intercetta una diaclasi ortogonale che a destra chiude subito, mentre a sinistra rimane invisibile perchè completamente sommersa dalla frana. Ed è proprio lì che cade lo sguardo di Davide, sedicenne neo-corsista: sotto i blocchi rocciosi vede un po’ di nero, ci si infila, scende qualche metro fra le rocce e …. sorpresa! Continua! Ma i primi esploratori come hanno fatto a non vederlo? Forse erano troppo impegnati nel tentativo di superare la frana che avevano di fronte e non hanno avuto l’occasione di guardarsi meglio un po’ attorno.
Purtroppo problemi di tempo costringevano sulla via del ritorno; “torneremo a guardare meglio la prossima volta” ed a malincuore si avviavano verso l’uscita.
La domenica successiva, 24 giugno, Miguel, Sid e Davide tornano a percorrere la nuova galleria. Il ramo nuovo va avanti diritto verso ovest su fondo fangoso ed ambienti malagevoli fino ad una zona di crollo. Viene forzata in pochi minuti e, seppur ancora molto stretta, si passa, pochi metri e la sorpresa: una sala incentrata su un pozzo-camino, profondo circa 15m ed alto una ventina, da cui partono tre diramazioni. Quella più comoda inizia da un enorme blocco roccioso a picco sul pozzo e si dirige verso nord con una bellissima condotta dalla volta a semibotte che ricorda gli acquedotti romani. Poi le dimensioni si riducono a due condotte sovrapposte, molto basse e larghe circa un metro, che ogni tanto si riuniscono per terminare, dopo decine di metri (percorsi con la foga dell’esploratore avido di nuove scoperte) su un pozzo di circa 10 m. Non hanno il materiale per scenderlo e decidono di fare ritorno.
La notizia di tutta quest’abbondanza di nuove gallerie non tarda a spargersi e la smania esplorativa non può fare a meno di impedire l’organizzazione di un’uscita serale infrasettimanale. Paolo, Davide, Franchetto, Pierga e Matteo entrano alle 18 di martedì 26 attrezzati per scendere il pozzo su cui si erano fermati gli altri. Dopo il  P10 una strettoia li separa da un altro pozzo stimato in 25m da cui proviene una forte corrente d’aria. Tutta questa zona è costituita da un reticolo di piccole condotte anastomizzate (incroci perpendicolari) di origine freatica e riempite successivamente da depositi argillosi. In questa zona viene scoperta una galleria più ampia, dal fondo piatto, con alcune pareti completamente rivestite di cristallizzazioni, stimate di aragonite.
Ritornati al pozzo-camino, riescono a fare un traverso ed imboccare la galleria che va nella direzione opposta, ma anche qui si fermano sull’orlo di un pozzo da scendere anche se ritengono che la strada giusta sia lungo un basso cunicolo concrezionato, anch’esso con pozzo da scendere, dove tutta l’aria viene risucchiata. L’uscita dalla grotta avviene alle 3 del mattino e, durante la relazione inviata in lista mercoledì, Paolo lamenta “mal ai osi” e giura “mai più punte notturne”! Eh, caro mio, forse l’età si fa sentire, ma le uscite nei rami lontani della Rana sono famose per massacrare il fisico. Non è forse questo il motivo per cui cerchiamo disperatamente il secondo ingresso?
Giovedì in sede c’è fermento; tutti ascoltano compiaciuti le relazioni degli esploratori e si decide di organizzare un’uscita di massa per risolvere tutti i punti in sospeso. Tre squadre per scendere le diramazioni ferme su pozzi e, attirati dalla saletta concrezionata, una mini-squadra per andare a fare foto.
Domenica mattina ci si trova al Bar Rana ed entriamo scaglionati. La prima squadra ha il compito di “spianare” il percorso a quelli che seguono; viene allargata la strettoia a monte del primo pozzo del Camino dell’Eco, il P25, e quando passiamo ci rendiamo conto di quanto bastarda doveva essere prima! Sopra l’ultimo salto del camino ci togliamo gli attrezzi perché serviranno solamente una volta giunti ai nuovi pozzi. Mentre lo facciamo smoviamo del materiale che si infila su una fessura e cade nel pozzo sottostante fra gli imprechi della Simona che sta risalendo; è in questo momento che realizziamo di essere sopra una specie di tappo di fango e roccia sospeso nel vuoto! In futuro sarà meglio mettere in sicura questo passaggio e cambiarsi un po’ più in là. Risaliamo all’interno di una frana, con un simpatico passaggio elicoidale un po’ aereo, e sbuchiamo nella condotta più grande di tutto il ramo. Veramente impressionante e ci sarebbero parecchi punti dove rimettere il naso per fare nuove indagini più approfondite. Anche quando giriamo nella condotta che porta alla frana finale, di fronte a noi il ramo potrebbe proseguire, in alto, oltre il restringimento della colata, mentre il rilievo lo dava per chiuso.
Ci infiliamo fra i massi nel passaggio scoperto da Davide. La galleria “malagevole”, lunga 60m, mantiene le caratteristiche tipiche delle condotte della Rana che ti obbligano ad un impegno fisico costante: alternanza di tratti in cui camminare eretti con altri da strisciare, aggiramento di blocchi rocciosi, piccoli traversi e qui, come se non bastasse, un fangaccio melmoso: il “Ramo Spalmer”.
L’altro punto da allargare è il passaggio in frana che dà accesso alla sala del pozzo-camino; quando finiscono sono le 13, quattro ore da quando siamo entrati. Ci compattiamo tutti qui per mangiare un boccone condito con adrenalina, impazienti di dirigerci alle zone di lavoro. Fa un certo effetto sentirsi dire “Da qui in poi è tutto nuovo” ed avere di fronte tre ampie gallerie, un pozzone ed un camino!
Due squadre traversano il pozzo-camino e si separano: la prima si dirige verso sud al pozzo che si rivela essere un P15 a cui segue un meandro di 8 metri e poi, in sequenza, un P25 ed un P20 che chiude in frana. Sopra quest’ultimo pozzo c’è un giro d’aria su cui bisogna indagare in modo più approfondito. L’altra squadra si infila nel cunicolo concrezionato che si rivela essere un meandro ventoso lungo un cinquantina di metri e con molto fango; oltre una strettoia la strada è sbarrata da una frana instabile in cui tutta l’aria fila verso l’alto.
Dall’altra parte del pozzo-camino la terza squadra torna sul fondo del P10, forza la strettoia e si trova a discendere tre pozzi, P25 P5 e P20, per trovare l’ennesima frana che chiude e da cui proviene un forte vento.
I fotografi Sandro e Simona hanno il tempo di documentare la saletta concrezionata e scoprire un bellissimo fiore di gesso; di gesso sono anche le cristallizzazioni geminate, a punta di lancia, che ricoprono buona parte di alcune pareti. E’ la prima volta che si trova questo minerale in Rana anche se nelle cavità vicine (Pisatela e Fessura del Vento) non è una novità. In questa zona ci sono parecchie condottine dove infilarsi mentre, la sala dei gessi è sicuramente collegata ai camini discesi dalla terza squadra. Tornati nei rami principali, una fastidiosa foschia ha invaso tutti gli ambienti e rende vano ogni tentativo di documentazione fotografica; troppi speleologi presenti, ci toccherà tornare quando non c’è nessun altro.
Terminati i propri compiti, ogni squadra si avvia verso l’uscita con permanenze da 10 a 14 ore.
I primi lavori di rilievo sono iniziati il 29/7 e questa uscita ha avuto l’onore della presenza del socio onorario Armando. Durante quest’uscita si è completato il riarmo degli ultimi salti nel Camino dell’Eco con pulizia delle cenge dai sassi instabili e la continuazione dell’esplorazione della terza via, situata al di là del traverso nel pozzo-camino. Questa nuova diramazione è stata scoperta la settimana prima da Martina, “Costa” ed Andrea Filippi (questi ultimi erano tra coloro che esplorarono i rami del Camino dell’Eco negli anni ‘80) e si ferma in una saletta da dove arriva una forte corrente d’aria.
Il termine di questa giornata è stato verso le 10 della sera: tutti stremati, ma contenti. Armando ha detto “no gò più l’età par ‘ste robe!”, ma non ha mai smesso di allietare i compagni con il suo humor inglese (… o dei Campipiani).

I prossimi lavori saranno necessariamente quelli di documentazione. La continuazione del rilievo prima di tutto, per capire in che direzione vanno le gallerie e quanto siamo distanti dal sovrastante Buco del Soglio con cui si vorrebbe fare una prova di contatto sonoro o ARVA. I pozzi che scendono potrebbero far pensare ad un ritorno nei sottostanti Rami Nord, ma il notevole giro d’aria lascia aperta ogni possibilità.
L’insieme delle gallerie ha uno sviluppo stimato in mille metri: se questo fosse vero, il Buso della Rana andrebbe a superare abbondantemente la soglia dei 27 chilometri, ancora pochi se pensiamo che gli studi idro-geologici di Enrico Gleria ipotizzavano un reticolo complessivo di almeno 50 chilometri. Se sommiamo i 27 ai 7 della Pisatela siamo a 34: ce ne sono almeno altri 16 che aspettano di essere esplorati. La Rana è sempre disponibile a concedere “le sue grazie” a coloro che hanno lo spirito curioso e non danno nulla per scontato, che hanno voglia di cercare anche dove si pensa che gli altri siano passati cento volte, di spostare sassi o cimentarsi in arrampicata in una delle innumerevoli frane e camini che da decenni attendono l’arrivo di qualche speleologo.

IL GIORNALE DI VICENZA

mercoledì 12 settembre 2007 provincia pag. 27

MONTE DI MALO. LA SCOPERTA NEL “BUSO DELLA RANA” DEL GRUPPO SPELEOLOGICO DEL CAI MALADENSE

Un chilometro di grotte inesplorate
di Bruno Cogo

Il Buso della Rana “concede” mille metri di nuovi rami e così l’insieme delle gallerie finora esplorate va a raggiungere la lunghezza di 27 chilometri. E pensare che si è appena superata la metà visto che gli studi idrogeologici effettuati finora ipotizzano un reticolo complessivo di circa 50 chilometri. La nuova galleria è stata scoperta casualmente dal Gruppo speleologico del Cai di Malo che, a vent’anni dalle prime esplorazioni, ha effettuato un sopralluogo al “Camino dell’eco” per sostituire corde, moschettoni e placchette ormai irrimediabilmente fuori uso.
Durante la risalita, superato un tratto fangoso semi-orizzontale e sbucata nel ramo superiore che corre in direzione ovest, la squadra incrocia una conoide di frana che risale verso nord. Pochi metri prima della frana finale intercetta una frattura che a destra chiude subito mentre a sinistra è completamente sommersa dalla frana stessa. Tra i blocchi rocciosi gli speleologi maladensi intravedono delle macchie nere; incuriositi, decidono di infilarsi tra le rocce. Scesi di qualche metro, con grande sorpresa
scoprono che la galleria continua.
La settimana successiva un’altra squadra torna nella nuova galleria che punta dritta verso ovest; dopo un tratto con fondo fangoso piuttosto difficile da percorrere e forzata una zona di crollo gli speleologi del Cai si immettono in una sala incentrata su un pozzo-camino profondo 15 metri ed alto 20 da cui partono tre diramazioni. Questa abbondanza di nuove gallerie fa crescere tra gli appassionati la voglia di esplorarle tanto che vengono programmate anche delle uscite notturne. Viene scoperto un altro pozzo alto
25 metri da cui proviene una forte corrente d’aria ed una galleria molto ampia, dal fondo piatto, con alcune pareti rivestite da cristallizzazioni di aragonite. Imboccata la galleria che va dalla parte opposta gli speleologi percorrono un cunicolo basso e concrezionato dove tutta l’aria viene risucchiata.
«Le uscite nei rami lontani dalla Rana sono davvero massacranti e ti obbligano ad un impegno fisico costante – assicurano -. Si alternano tratti in cui si può camminare in stazione eretta ad altri in cui bisogna strisciare; aggirare blocchi rocciosi, piccoli traversi e immergersi nel fango melmoso».
Nel corso delle esplorazioni successive vengono spianati i percorsi e allargate le strettoie; in una saletta viene scoperto un bellissimo fiore di gesso, come di gesso sono le cristallizzazioni a punta di lancia che ricoprono le pareti. Ora verranno effettuati dei rilievi e delle prove di contatto sonoro per capire dove sono dirette le gallerie e quanto distano dal sovrastante “Buco del Soglio”.
«I pozzi che scendono fanno pensare ad un ritorno nei sottostanti “Rami nord” ma la presenza di un notevole giro d’aria lascia aperta qualsiasi possibilità – concludono gli speleologi del Cai di Malo -. Se sommiamo i 27 chilometri scoperti finora ai 7 della “Pisatèla” siamo a quota 34 e quindi ci sono altri 16 chilometri che aspettano di essere esplorati».

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