Ramo Verde
Testo di Gianluca Carboni – Speleo Club Forlì
Dalla camera adiacente alla Sala del Ballatoio si entra in un cunicolo che immediatamente piega a destra e si trasforma in fessura dalle dimensioni giuste per consentire il passaggio con relativa facilità. Qualche difficoltà in più, tuttavia, si presenta dopo la curva secca: assicurandosi ad una corda fissa si avanza faticosamente, e lentamente, in uno stretto meandro a 2/3 metri d’altezza dalla base. Quando si allarga, si deve scendere sul fondo. Si prosegue nel meandrino restando di nuovo alti, ma, giunti di fronte ad un salto di qualche metro, si retrocede di pochi passi e, in contrapposizione, ci si cala alla base, stretta, con marmittine piene d’acqua limpida, ma percorribile. Si arriva presto, finalmente, in un’ampia galleria, il Ramo Verde vero e proprio: a sinistra si va verso il settore a monte, a destra quello a valle.
Settore a monte
Sbucati dalla fessura da cui si proviene dalla sala del Ballatoio, si risale il torrentello verso monte; si notano presto un primo bucanotto a destra, ad un paio di metri d’altezza, poi un secondo, più ampio, più in basso, quindi un terzo, un vero e proprio budellotto, però ad occhio percorribile. E’ uno di essi che bisogna prendere per proseguire. Se invece si continua a camminare nell’acqua, si superano alcune curve secche con angolo di 90°, brevi tratti di galleria di notevole bellezza (uno è splendido, a sezione ellittica con scallops alle pareti) e ci si infila infine in una condottina semi-allagata che presto si chiude. I 3 bucanotti, inizialmente fastidiosi, ma affrontabili con relativa facilità, si uniscono presto. Poi si procede lungo una fratturina che tende ad allargarsi, curva a sinistra proponendo un semplice gradino e finisce contro un muro di macigni. A sinistra c’è un passaggino fra la compatta parete rocciosa inclinata (a sinistra) e l’inquietante cumulo di massi di varie dimensioni non tutti stabili (a destra): riusciamo a salire in frana per poco, fino a quando sulla nostra testa ci impedisce la progressione una fessura particolarmente stretta… al di là c’è il buio, la grande sala con cui termina il ramo.
Settore a valle
Superata una frana, si torna al livello del ruscelletto e si procede in un ambiente che assume un discreto interesse estetico grazie alla roccia lavorata che forma belle marmitte; si cerca di evitarle passando, quando possibile, un metro sopra, ma tuttavia presto o tardi la morfologia del meandro costringe a finirvi dentro.
Aldilà di un facile gradino in salita, s’incontra una corda grigiastra, affiancata da una vecchia scaletta speleo, che consente di accedere agli ambienti superiori della Sala degli Imbuti. Restando bassi a livello dell’acqua, si passa sotto ad una frana ciclopica attraverso una strettoia per trovarsi in ambienti abbastanza fangosi, segno che vengono periodicamente allagati ed è questo il motivo per cui si percorre sempre la via alta. Aldilà di una netta curva a sinistra ci si trova di fronte un corridoio senza fine, perfettamente rettilineo, largo 70/80 centimetri, chiuso ad alcuni metri d’altezza dopo che le pareti di roccia si sono avvicinate con regolarità. In pratica un affascinante fessurone lungo decine di metri, con la base immacolata formata da umida ghiaia e limo, soffice, quasi elastica… un irreale crepo oscuro disegnato con riga e squadra, inquietante perché non vi è traccia umana, perchè l’acqua ha cancellato tutto, perché in caso di piena qui arriva fino al soffitto. E’ la Fessura Allagata.
La prosecuzione verso il Ramo dei Sabbioni risulta bloccata da un ampio lago dal fondo melmoso (vedi foto a lato) raramente asciutto; meglio quindi retrocedere fino alla prima curva ed arrampicare verso l’alto evitando così di usare gli attrezzi per risalire la corda a fianco della scaletta speleo. Davanti a noi, è evidente la presenza di una sala. La Sala degli Imbuti è tetra, scura, ampia, bassa, di forma irregolare; a sinistra c’è l’imbocco del Ramo Scaricatore, davanti la roccia liscia di un bellissimo camino, appena a destra l’ingresso del Ramo dei Sassi Mori e più in là una corda fissa sistemata per assicurare il traverso esposto sopra gli “imbuti”. Il ripido scivolo fangoso sotto ai nostri piedi sparisce in un paio di buchi neri; anche reggendosi risulta difficile mantenere l’equilibrio. Sono imbuti attraverso i quali senza la provvidenziale fune si precipiterebbe per 5/6 metri nel meandro sottostante, quello percorso per arrivare alla fessura Allagata. Qui è chiara anche una cosa: il fango è ovunque, umido, l’acqua sommerge tutto, arriva al tetto, e defluisce nel Ramo Scaricatore. Proprio nel punto in cui termina il traverso e ci si cala alla base del meandro c’è un ponte di massi tramite il quale (è presente una corda per assicurarsi) è possibile passare sul lato opposto, dove si aprono i due ingressi del Ramo dei Sabbioni (dal rilievo si deduce che i due condotti presto si uniscono in una via principale nella quale confluisce poi da destra quello che si trova aldilà della Fessura Allagata).
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