Ramo Principale
Descrizione:
tratta da “IL BUSO DELLA RANA (40 V – VI)”, anno 1960
di Aldo ALLEGRANZI – Giorgio BARTOLOMEI – Alberto BROGLIO – Angelo PASA, Alberto RIGOBELLO – Sandro RUFFO, Gruppo Grotte Massalongo, Verona – Gruppo Grotte Trevisiol, Vicenza – Gruppo Grotte SAT, Trento – Gruppo Grotte Schio
N.B. le note fra parentesi si riferiscono a precisi punti del rilievo del 1960
Risalendo l’incisione del torrente Rana dal ponte della strada Monte di Malo-Priabona, si giunge ad un alto strapiombo, una parete leggermente rientrante nella quale si apre l’ingresso della caverna.
Si tratta di un grande androne a pareti verticali determinatosi tra due diaclasi dirette a Ovest; la parete di destra è profondamente intaccata nella metà anteriore da crolli e da distacchi. Verso l’interno la cavità attuale ha sezione trapezoidale con tetto in giunta obliquante a destra. Nella parete di fondo si notano dei cunicoli residuali terrazzati, situati presso la volta. Antiche morfologie di condotto sono riscontrabili anche lungo le pareti interne del lato sinistro, in alto, e nelle zone più esterne in basso. Il pavimento è ingombro di numerosi blocchi di distacco per azione termoclastica, di varia dimensione, tra i quali scorre un filo d’acqua che in periodi di morbida s’ingrossa notevolmente.
A destra si apre l’alto condotto evorsivo del Ramo destro dell’Ingresso.
Il Ramo Principale della Grotta inizia al fondo della parete sinistra (3) dell’atrio, al livello del suo pavimento detritico, con un grande arco abbassato, piuttosto regolare, che immette in una galleria di diaclasi (3-4) formatasi per crolli successivi di massi di notevoli dimensioni. Verso Est delle fessure allargate disposte secondo l’asse della galleria indicano la primitiva direzione e forma del carsismo, diretta parallelamente all’atrio attuale. Dal punto 3 il ramo prosegue rettilineo con ampia ed alta sezione rettangolare. Dalle giunte della parete di destra sgorgano alcune sorgenti accentrate attorno al Fontanazzo, uscente da una fessura allargata in diaclasi, a circa 50 cm dal suolo della grotta.
Il Fontanazzo sottosta ad un vecchio cunicolo a fondo terrazzato che discende da NW. Il profilo di fondo del cunicolo è arcuato verso il condotto attuale e indica un graduale sprofondamento idrografico mentre le zone più elevate rivelano una morfologia arcaica di condotto, a sezione elicoidale con notevoli strozzature e fango abbondante. Dal punto 4 del ramo principale si prosegue poi lungo una massicciata artificiale che costeggia piccoli specchi d’acqua, sino al punto 5 dove la galleria compiendo un brusco angolo passa ad un altro fascio di diaclasi mediante un arcone abbassato simile a quello dell’Ingresso. Nel nuovo tronco sono modellate alcune cavità più ampie, alle quali soprastanno dei camini elevati da cui discendono velari e colonne concrezionali. Caratteristica la Pila dell’Acqua Santa (6), ora in parte crollata, in corrispondenza della quale scende un notevole stillicidio. Le pareti si restringono notevolmente.
Più oltre si procede su suolo ingombro di massi fino all’antisala del Sifone. Qui, in bassa galleria di giunta, delle testate di strato strozzano il passaggio sino a neanche un metro dal fondo. A sinistra si nota una colata stalagmitica in parte crollata.
Il Sifone (7) si presenta come un profondo lago lungo una decina di metri (il livello idrico attuale è notevolmente più basso di quello precedente alle esplorazioni del 1933) che si supera su una massicciata, artificiale gettata lungo il lato sinistro, normalmente quasi del tutto all’asciutto. E’ possibile tuttavia passare più in alto per uno stretto pertugio originato dal crollo di un banco sulla sinistra.
La cavità successiva, Sala della Colonna o del Trono, sottostà ad un alto ed ampio camino ed è abbondantemente concrezionata da mammelloni a vaschette di forte spessore. Una magnifica colonna stalagmitica alta circa 7 metri indica l’abbondanza e costanza delle acque discendenti. Nel tratto Sifone-Sala della Colonna l’asse è ruotato a sinistra, a superare una controfaglia a direzione NW-SE. Più avanti la cavità si svolge ancora in una fessura allargata, tra due diaclasi. Qui ristagnano le acque del Lago di Caronte, lungo una ventina di metri e profondo circa due e mezzo. Sulle pareti della galleria, magnifiche placche ferro-manganesifere testimoniano un antico livello idrico soprastante circa mezzo metro il livello attuale. Più esili tracce brune indicano livelli costanti di ristagno idrico tra 1 metro e 1,80 sopra le acque di magra. Il lago era transitabile con imbarcazione fino alla costruzione della ferrata CAI Malo.
Oltre il Lago di Caronte, l’androne è rettilineo per un’ottantina di metri, e presenta sezione rettangolare larga da 4 a 6 metri ed alta. il doppio; il suolo è coperto da massi di distacco di notevoli dimensioni, tra i quali riaffiorano alcuni piccoli bacini d’acqua limitati da sabbie. Le pareti della galleria presentano notevoli sculture alveolari riempite di argille secche.
La Sala del Trivio sottosta ad un nuovo e complicato sistema di camini verticali. A sinistra discende un cunicolo di perdita (9) rapidamente strozzato, nel quale si scarica la maggior parte delle acque provenienti dal Ramo Principale e dal Ramo delle marmitte. Sotto l’alto camino centrale (10), dal quale scende abbondante stillicidio, grandi blocchi di crollo ricoprono un deposito argilloso con ciottoli calcarei e basaltici. I sedimenti fortemente concrezionati sono incisi dal rivo. A destra si apre l’imboccatura elissoidale del Ramo delle Marmitte (12).
A sinistra una galleria inizialmente in ripida salita porta a dei condotti più elevati che si strozzano in cunicoli dai quali discendono abbondanti colate argillose (11).
Oltre la Sala del Trivio la sezione si abbassa e si restringe notevolmente (13) assumendo un netto aspetto di condotto a doppia rientranza sottostante un tetto ogivale modellato a gola rovescia in sottile diaclasi; sul fondo, un ristagno d’acque (profondità massima 1 metro). Più avanti la galleria s’innalza lentamente riassumendo le consuete morfologie di fessura che conducono al bivio del Ramo del Pantano. Si procede senza difficoltà tra banchi di sabbia e di ciottoli molto fluitati, incisi dalle acque, tra pareti glabre, con piccoli fori di apporto idrico. Per un certo tratto le pareti si restringono a contenere un laghetto limitato ai lati da larghi cercini che ne facilitano relativamente il passaggio.
A sinistra del bivio si apre il breve Ramo del Pantano, occupato ai lati da potenti depositi argillosi dai quali scende un rivoletto.
Una cinquantina di metri più avanti, nel Ramo Principale, ha inizio il Labirinto; la zona più complessa del sistema cavernicolo. A sinistra il ramo attivo comunica per la via più breve col ramo uscente dal Camerone dei massi; esso è sempre allagato e la profondità delle acque sconsiglia questo percorso. A destra si biforca un tronco di galleria di crollo in salita che costituisce il più facile passaggio; all’apice della rovina si notano delle basse rientranze l’ultima delle quali dà accesso alle regioni interne del Labirinto e al Bivio Ramo Morto – Ramo dell’Argilla.
Verso sinistra si discende tra massi di crollo per ritrovare il condotto attivo principale. Il diaframma interposto fra il Ramo Attivo e il condotto da noi percorso è esso stesso forato da una bassa galleria di frana intermedia.
Sopra queste strutture profonde della zona del Labirinto, si estende un analogo reticolo di condotti terrazzati, divisi da almeno un metro di roccia per lo più crollata, ed un reticolo superiore (Ramo Morto del Labirinto) notevolmente più semplice, ma assai pericoloso a percorrersi, avente direzione generale NW-SE, intersecante cioè obliquamente il ramo attivo, col quale comunica mediante pozzi, spingendosi in direzione del Ramo del Pantano.
A monte del Labirinto il tronco attivo della Grotta continua lasciando a destra due cunicoli terrazzati comunicanti con le parti interne del Labirinto; in seguito la sezione della galleria si allarga e si abbassa notevolmente (un metro) e al fondo affiorano le prime rocce basaltiche. Subito dopo questo cunicolo, una faglia orientata NW-SE stabilisce un innalzamento della cavità sopra un imponente accumulo di grossi blocchi elevantesi dal fondo basaltico notevolmente inciso. L’acqua scorre rumorosamente sotto i massi. La volta è suborizzontale; sul lato destro accumuli di argilla rendono viscido il passaggio. Verso il fondo il Camerone si restringe bruscamente e si passa su una cengia rocciosa alta un paio di metri sopra un laghetto profondo. A sinistra si apre uno stretto cunicolo (23), a sezione ovoidale, con fondo argilloso, ben presto strozzato. Si procede abbassandosi sino al livello idrico attraverso un pertugio fra blocchi; oppure con maggiore difficoltà alcuni metri più in alto sopra una serie di massi incastrati all’altezza di un vecchio condotto terrazzato (coperto da antiche concrezioni) dal quale si ridiscende poi in strettoia al condotto inferiore attivo.
Si percorre ora un condotto pressoché rettilineo non molto largo e assai alto, in leggera ascesa, con fondo ciottoloso; le pareti in qualche punto sono incrostate da una esilissima concrezione spessa 1-2 mm in alto e da veli manganesiferi; altrove appaiono concrezioni di capillarità di varia forma.
La sala del Laghetto della Cascata si apre bruscamente ed è sormontata da complicati sistemi verticali, da camini e da marmitte sovrapposte; presenta sulla destra un piccolo ma profondo laghetto scavato in parte nei basalti. La cascata alta 4 metri immette nel Corridoio delle Stalattiti.
Sulla destra del Laghetto della Cascata, all’inizio della sala, un corridoio semisommerso segna l’imbocco del Ramo attivo di destra.
Superata la cascata per mezzo di una scala fissa, ci si inoltra in una nuova fessura a ripido pendio, sottoescavata in marmitte e marmittine in un primo tratto poi incisa in un grande banco di coralli sezionati dall’erosione sino a giungere attraverso alcuni passaggi impegnativi per la presenza di profonde marmitte e di cascatelle al bivio da cui inizia sulla destra con fessure diaclasiche irregolari, un tempo giudicate impraticabili, il Ramo Trevisiol.
Continuando a sinistra, la fessura diviene ancora più angusta e tortuosa anche per lo sviluppo di notevoli rivestimenti concrezionali parietali. Proseguendo, il Corridoio delle Stalattiti presenta una pendenza più accentuata e si restringe fino ad incontrare un contribuente di sinistra proveniente da cunicolo terrazzato, il Ramo dei Salti (29). E’ questa una stretta fessura ascendente anche con salti di dislivello notevole, resi più impegnativi dalla presenza di cascatelle.
Un ultimo, più stretto e concrezionato tratto del Corridoio delle Stalattiti immette in una camera ovoidale (32) abbassata, con fondo basaltico, ben delimitata da due strozzature, come abbiamo già notato per l’antisala del Camerone dei Massi.
Oltre la seconda strozzatura si entra in un ambiente di blocchi estremamente disordinati, si lascia a destra un grande ovoide evorsivo (33) sormontato da una stretta ed impraticabile fessura dalla quale discende un rivoletto a cascata che ha formato una pozza. Ai lati di questo vano per alcuni metri d’altezza si nota del basalto profondamente alterato. A sinistra risalendo un camino si giunge ad un breve ramo elevato alcuni metri sul livello delle sottostanti gallerie. E’ un condotto predisposto in diaclasi con al centro un allargamento ovoidale, fortemente concrezionato; dopo una quindicina di metri, con andamento sempre parallelo al ramo principale, esso si ricongiunge mediante un salto alla maggiore cavità in un punto (35) in cui si notano grossi blocchi ricoperti alla sommità da argille pulverulente.
Una strozzatura determinata dall’abbassamento di una testata di strato, immette in un vano un po’ più alto caratterizzato da una concrezione a medusa sulla parete di destra; sul fondo basaltico, tra blocchi appare il ruscello che più avanti scompare sotto il detrito. Si risale per lunga cavità disposta nel contatto tra basalti e calcare e in piena concordanza colla pendenza degli strati; il pavimento è occupato da massi instabili. Questa erta galleria termina in alto con una strozzatura stabilita dallo innalzamento del cumulo dei massi sotto i lastroni del tetto e, giunta al loro contatto la volta di cedimento s’innalza bruscamente dopo aver superato una chiarissima superficie di faglia.
Il Camerone della Lavina è una vastissima cavità di cedimento giudicata dal Trevisiol della capacità complessiva di circa 35.000 metri cubi, col fondo occupato da mastodontici massi. La massima altezza è sulla destra, dove superato un arco abbastanza regolare si risale per una conoide di detrito minuto sottostante un duomo di crollo; il vano termina con un alto camino risalibile con grande difficoltà, con potente deposito a ciottoli basaltici e calcarei profondamente alterati e leggermente argilloso e talora cementato, aderente alla parte terminale, sulla quale scende debolissimo stillicidio.
Percorrendo l’androne della Lavina in senso longitudinale, seguendo all’incirca la linea di minor pendenza si imbocca una galleria di giunta con grossi massi e ai lati con potenti depositi argillosi tra i quali riappare il ruscello. La volta si abbassa lentamente fino ad un’ansa, ad un budello scavato in roccia basaltica dove si procede carponi sopra un fondo ciottoloso (42) e si sbocca nella Sala della Vigna; modesta cavità completamente tappezzata da concrezioni a grappolo a forma di cono rovesciato con numerosissime appendici sviluppate nel senso delle parti terminali della grotta.
Superata una strozzatura, provocata da subitaneo abbassamento della volta, si sbuca in un ambiente più ampio lasciando a sinistra un camino e poco più avanti sulla destra, un cunicolo corrispondente a faglia; enormi blocchi di crollo obbligano a risalire qualche metro e si sbuca superando una grande faglia trasversa in un ampio ambiente con grandi tracce di cedimenti; al centro di questa galleria, sulla destra, un cunicolo a sezione ovoidale di giunta (45) è terrazzato per qualche metro sul fondo della sala. Proseguendo si supera un altro accumulo di massi di frana (46) in un ramo strozzato, predisposto in diaclasi, con sezione trapezoidale obliquante a sinistra tra abbondanti riempimenti argillosi ai lati. Un passaggio ad arco regolare immette in un secondo ramo di diaclasi parallelo al precedente dapprima a sezione ampia con marmittine sul fondo; poi (48) con sezione predisposta in diaclasi con ai lati molteplici rientranze sottostanti ad un tetto ogivale a gola rovesciata. Nel punto 49 la galleria si allarga notevolmente; essa continua verso W in un ramo secondario sempre più stretto che si strozza dopo una cinquantina di metri (50) in una serie di fessure di diaclasi.
Poco oltre, alta 3-4m dal suolo sulla destra, si trova la fessura che dà accesso ai nuovi rami alti scoperti dal gruppo Trevisiol ad inizio 2009.
La galleria principale prosegue invece per un basso passaggio ad arco sulla sinistra attraversando un blocco di calcare compatto compreso tra due diaclasi e si giunge così in un nuovo condotto a pavimento ciottoloso e franoide a sezione parallelepipeda molto alta; nel punto 51 un alta parete di faglia preceduta da alcune diaclasi trasverse e da camini strozza questa galleria. Superato carponi un largo passaggio sulla sinistra, si giunge all’ultimo bivio (52). Qui la volta si abbassa bruscamente, il fondo è occupato da grandi ammassi fangoso-sabbiosi che formano uno sperone fra i rami attivi terminali di destra e di sinistra. A destra si penetra in una galleria di diaclasi, con fondo stabilito nel contatto calcari-basalti; galleria percorsa da un ruscello tortuoso uscente da un cunicolo terminale riaperto in un vecchio e più grande condotto (53). Dal bivio (52), a sinistra, si procede per bassa galleria lasciando sulla sinistra la Sala del pipistrello, vasta cavità a pianta ovoide sormontata da un camino a campana. Più avanti, superato uno stretto e disagevole cunicolo aperto tra detriti si perviene all’Androne Terminale. Questo è un vastissimo e complesso camino a campana con pareti scabre e rigate verticalmente abbondantemente rivestite da concrezioni a fungo, sferoidali e cristalline. Il pavimento è occupato da abbondante materiale di crollo e di cedimento e da veli di materiali argilloso-fangosi. A destra il cunicolo a sezione ovoidale verticale si addentra ancora per qualche metro percorso dal ruscello.
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